PoveraMente

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I poveri hanno traslocato. Abitavano le parole dei politici di destra e le pagine dei giornali a quella vicini, ora si trovano nelle pagine vicine alla sinistra, in attesa che i politici di quella parte ritrovino la favella. Nessuno sembra porsi il problema di come governare, in compenso tutti sanno come fregare chi governa, usando dosi massicce di demagogia, che nella vulgata populista può ben tingersi di qualsiasi colore. I poveri veri, però, non sono solo un problema serio, sono anche in gran parte sconosciuto. Anche perché neanche abbiamo una banca dati unica degli assistiti.

Sono anni che il numero dei poveri cresce. Anche quando cresce la ricchezza prodotta. Singolare. Frutto di una inversione logica: si crede di far crescere la spesa per l’assistenza perché aumentano le persone da assistere, invece le persone da assistere crescono perché cresce la spesa dell’assistenza. Quella spesa non sta aiutando i poveri, li sta moltiplicando. Ciò avviene più per imperizia che per scelta. La sola cosa che sanno dire, per rispondere all’evidenza e all’obiezione, è: tu neghi che esistano poveri e pensi vada tutto bene. Invece credo esistano, che non li si riconosca e che quindi vada decisamente male.

Secondo le dichiarazione dei redditi, presentate da 41 milioni e mezzo di italiani, ben 10 milioni affermano (dati 2019, anno con occupazione in crescita) di avere perso soldi o di avere incassato al massino 7.500 euro. In un anno. Rapportati al complesso della popolazione significa che 14 milioni e mezzo di italiani vivono con all’incirca 320 euro al mese.

Aggiungete altri più di 8 milioni di contribuenti (con i familiari da mantenere quasi 12 milioni di italiani) che dichiarano di vivere con, in media, 940 euro al mese. A questo punto delle due l’una: o i poveri sono molti di più dei tantissimi che si contano, oppure li si sta contando in modo sbagliato. Rivelatore è il gettito Iva: al Sud è pari a circa 600 euro l’anno a testa, al Nord e al Centro a 2.900. Sul serio al Sud si consuma 5 volte meno che nel resto d’Italia?

Coerentemente l’abbondante maggioranza dei percettori di reddito di cittadinanza si trova al Sud, però la Caritas fa osservare che la stragrande maggioranza di quelli che le si rivolgono per bisogni alimentari, al Nord e al Centro, non percepisce quel reddito. Questo significa:

  1. i poveri ci sono eccome;
  2. non sappiamo chi sono, talché l’assistenza va a non pochi che barano;
  3. non lo sappiamo perché la nostra lente fiscale è un vetro rotto caduto nella pece.

Però ci si comporta come un cieco che ha battuto contro un muro e, anziché cambiare direzione, si convince che ci deve mettere più forza e impeto, sperando di attraversarlo.

Anche il mondo cattolico sembra avere perso la bussola. Visto che il terzo settore, nel quale ha una presenza significativa, funziona meglio dell’elargizione di quattrini (lo spiegò Ernesto Rossi nel 1946), tanto varrebbe spendere per aiutarlo, anziché per estinguerne la necessità.

Poi arriva la Banca d’Italia e certifica quel che sapevamo: per chiudere una causa civile in Italia ci vuole troppo tempo, ma al Sud il doppio, quindi le imprese scappano. Poi arrivano i test Invalsi e raccontano quel che sappiamo: al Sud i voti di maturità sono più alti, ma la preparazione mediamente più bassa.

Essendo, mediamente, inaccettabilmente bassa in tutta Italia. Ed eccola qua, la nostra fabbrica della miseria. Che diventa anche morale quando non si opera per cancellare arretratezza e bisogno, ma per assopirli nei bassi consumi. Un genitore povero ha un’ambizione e un diritto, quello di pensare che i figli potranno vivere una vita migliore. Invece l’assistenzialismo produce rassegnazione, che diventa sommossa ove negato. Ed è così che mi tocca, da orgoglioso terrone, assistere alla ferocia con cui si nega il futuro in nome della bontà.

Certo che ci sono i poveri. E ce ne saranno sempre di più se si continuerà a comprarne il voto e divertirsi a colorarli politicamente.

La Ragione

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