Pos(sibilità)

Pos(sibilità)

Siamo in ritardo di otto anni. E già questo la dice lunga. Se anche fossimo stati puntuali, otto anni fa, ci saremmo trovati in ritardo rispetto alla realtà. Avendo traccheggiato, come puntualmente capita, s’è finito con il danneggiare gli interessi che, a chiacchiere, si diceva di volere tutelare.

Comunque ci siamo: da domani chi non ha il Pos (Point of sale, la macchinetta per i pagamenti elettronici), chi non accetta o consente pagamenti con carte, pagherà una sanzione. Il Paese già paga il ritardo.

La prima leggenda fu relativa alla difesa dei “piccoli”, nell’assai errato presupposto siano non in grado o non interessati a gestire quel tipo di pagamenti. Peccato ci si paghi il taxi, in giro per il mondo civilizzato. Semmai i piccoli commercianti ne hanno ricavato un danno, per due ragioni:

  1. quanti sono dotati di carte e non di frusciante comprano altrove, a tacere dell’on line, dove si paga solo con le carte;
  2. l’accumulo del contante comporta un maggiore rischio di rapine, oltre ai costi, economici e di tempo, per andare fisicamente in banca a versare. A meno che non lo si eviti, nel qual caso si è nel campo dell’evasione fiscale. Ci arriviamo.

La seconda leggenda sarebbe la scomodità, laddove è vero il contrario: un tempo, effettivamente, trovarsi in coda alla cassa ed avere davanti chi tirava fuori una carta per il pagamento significava perdere più tempo, ora, da anni, è vero l’opposto e il tempo te lo fa perdere chi tira fuori le banconote e prova a contare gli spiccioli.

Il che porta alla terza leggenda: quel sistema va bene per le grosse cifre e non per i micropagamenti. Laddove sono proprio i più piccoli a comportare le maggiori difficoltà di cambio. Ci siamo trovati tutti a frugare nelle tasche, consapevoli che non puoi offrire cento euro per pagarne 1.50.

Vai con la quarta: il costo, ovvero le commissioni. Di tutto si può discutere e per i micro si dovrebbe andare a zero, ma non è che i versamenti o le girate degli assegni siano gratis (prego osservare i tempi di accredito).

La quinta ha dell’assurdo: si deve andare incontro ai più anziani. Giustissimo, ma il modo migliore per non fare andare loro incontro ladri e scippatori è aiutarli a pagare tutto con la carta, che è del tutto inutile rubare.

Non sono fra quanti ritengono si debba cancellare il contante, bastando rendere più conveniente il pagamento digitale. Poi ciascuno sceglie come saldare i conti. Ma non come incassare. Da qui, appunto, l’obbligo. Teorico dal 2014 e la sanzione da domani. Il tempo perso è stato uno svantaggio competitivo, per il Paese, per i consumatori e per i venditori di beni e servizi.

I pagamenti digitali non sono solo una comodità, ma una opportunità di contrasto all’evasione fiscale. E, tanto per non essere ipocriti, è questo l’aspetto che ha più favorito il lobbismo del rinvio. Intanto, dal 2012 al 2021, senza sanzioni, le transazioni con carte hanno più che triplicato il loro valore (da 1.1 a 3.8 miliardi).

Nello stesso lasso di tempo i punti dotati di Pos sono passati da 1.5 a 4.2 milioni. Questo grazie alla falilità e convenienza. Se agganciassimo a questo sviluppo, che sarà sempre più forte, anche una opportunità fiscale, se utilizzassimo la contabilizzazione automatica e la non necessità di conservare quintali di carta, non controllabile, per rendere effettivo il sano conflitto d’interessi, talché pagare regolarmente, per il cliente, non sia solo una fissazione per la legalità, ma anche una vocazione alla propria utilità, avremmo sconfitto una parte notevole dell’evasione fiscale.

Tendenzialmente tutta quella legata al mercato regolare. E ci saremmo riusciti senza pagare il salato e sgradevole prezzo della militarizzazione nella vita quotidiana, senza dovere invocare le fiamme gialle, senza l’occhiuto controllo degli scontrini fuori dai bar. Etica civile e giustizia sociale, grazie allo strumento digitale. Bello e possibile.

La Ragione

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