Il dilemma tra libertà e sicurezza

Il dilemma tra libertà e sicurezza

Temo che la disputa attorno alle intercettazioni sia molto male impostata. Perché se mi vogliono convincere dell’utilità delle intercettazioni nel combattere la criminalità, è uno sforzo vano: sono già convinto. Se mi vogliono convincere che intercettare sempre di più permetterebbe di combattere sempre meglio la criminalità, né più né meno, non obietto un solo istante.

Se mi vogliono convincere delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia per mettere in scacco i criminali, per esempio il famoso trojan, il malware attraverso il quale si intercetta anche se l’intercettato non parla al telefono e anche se il suo telefono è spento, credetemi: fatica sprecata. Tutto vero, tutto incontrovertibile.

Se, per esempio, si trovasse il modo di intercettare ognuno di noi, fino all’ultimo, per ventiquattro ore su ventiquattro, magari con il supporto dell’intelligenza artificiale, la questione sarebbe chiusa: diventeremmo una società perfettamente onesta, e i pochi imprudenti andrebbero a far compagnia a Messina Denaro in un quarto d’ora.

Avremmo perduto la libertà, ma avremmo guadagnato la sicurezza. Ed è questa la vera grande domanda: abbiamo costruito le società liberali e democratiche per garantire il massimo della libertà a ogni individuo o le abbiamo costruite per garantirgli il massimo della sicurezza?

Le abbiamo costruite per la libertà sapendo che la libertà è un rischio o le abbiamo costruite per non correre rischi? Perché se pensiamo di averle costruite per blindarci dentro un fortino inespugnabile, vuol dire che abbiamo dimenticato le ragioni dei nostri valori fondanti, ma almeno dobbiamo dircelo.

 

La Stampa

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