Violante: L’Anm viola la costituzione

Violante: L’Anm viola la costituzione

Presidente Luciano Violante, lei è stato prima nella magistratura e poi nella politica. Chi ha ragione nell’ennesimo scontro?
«Quando gli stessi conflitti politici si ripetono, noiosamente per decenni, bisogna andare alla radice».

Vale a dire?
«Alla rinuncia della politica all’esercizio della propria sovranità in favore della magistratura avvenuta a partire dagli anni “80».

Cosa intende?
«Per non assumersi responsabilità, la politica ha delegato ai giudici non i processi ai singoli imputati di terrorismo, di mafia o di corruzione. Ma la stessa lotta al terrorismo, alla mafia, alla corruzione. E perciò i magistrati sono diventati, di fatto, compartecipi della sovranità . Per questo l’associazione che li rappresenta si muove a volte come titolare di una sovranità. È una stortura democratica».

Allora ha torto la magistratura?
«Bisogna tornare alla Costituzione. La politica, tutta, deve riconquistare la propria sovranità».

Come?
«Oggi i problemi più urgenti sono posti a mio avviso da atteggiamenti dell’Anm non congrui con la rappresentanza di un potere che deve essere terzo. Deve sostenere le proprie ragioni con modalità conformi al ruolo costituzionale della magistratura».

Non pensa che difendendo il valore dell’autonomia e dell’indipendenza l’Anm stia tutelando, come sostiene, anche i diritti dei cittadini?
«Può darsi. Ma l’Anm rappresenta i magistrati non i cittadini. I titolari della rappresentanza generale stanno in Parlamento, non nei tribunali. I contenuti sono a volte condivisibili. Ma il tono, il costume, avrebbe detto Machiavelli, non è condivisibile».

Perché, che tono è?
«Quello di chi si attribuisce un ruolo di rappresentanza generale e si costituisce come controparte del governo o di alcuni suoi membri».

Rispetto agli argomenti ciò non è secondario?
«No. È decisivo. Perché disegna un ruolo. E in questo momento l’Anm rischia di far diventare l’intera magistratura controparte del governo. Ma non lo è, e non può esserlo, a pena di far perdere alla magistratura quella credibilità che è il fondamento della sua legittimazione».

Il sospetto della premier è che parte della magistratura, ispirata da «pezzi grossi del Pd», voglia fermare la riforma Nordio. Lei, che da anni è sospettato di essere il «Grande vecchio» di queste manovre, pensa sia vero?
«Allora forse ero il Grande Giovane (ride ndr). Questi sospetti sono la banalizzazione di temi complessi. Chi governa, qualunque colore abbia, ha un problema di legittimazione quotidiana. Perché, non ogni 5 anni, ma ormai ogni ora, le notizie, vere e false, si propagano velocemente e rendono sempre più inquieto il mare della politica».

E quindi?
«I governi subiscono una sindrome di accerchiamento. Era già successo a Renzi, a Conte, a Berlusconi. Prodi criticò, non senza ragione, alcuni interventi della giustizia amministrativa. Fa parte della dinamica politica. Ma la magistratura deve mantenere la propria autorevolezza, non deve cedere al complesso del ring. Rischia di logorare la propria credibilità, magari cedendo alle sirene di parti interessate, che domani sarebbero pronte a voltare le spalle. Quando è accaduto, si sono trovati all’hotel Champagne».

A pilotare nomine. In quel caso cos’era?
«Una delle cose peggiori: una contrattazione tra politici e magistrati, nell’interesse non della giustizia ma di alcuni singoli».

Il governo mette in fila i casi La Russa, Santanché e Delmastro e formula il sospetto che sia iniziata un’offensiva pre elettorale in vista delle Europee. È così?
«Non vedo questo rischio, anche perché si vota ogni anno. E, come è noto, chi è sotto procedimento in genere guadagna voti, non li perde»

Si riferisce a Berlusconi?
«Anche a Trump».

Il governo reagisce accelerando sulla separazione delle carriere. È la soluzione?
«Sono contrario. Con il sottosegretario Delmastro il pm ha chiesto una cosa e il giudice ne ha fatta un’altra. Più separati di così! In Francia e in Germania è considerato positivo per la professionalità di un magistrato il cambio di funzioni».

Allora come uscirne?
«Mi occupo di diritto da più di mezzo secolo e ho maturato una forte diffidenza nei confronti della invocazione di regole quando mancano i costumi, le educazioni. È una questione di etica pubblica. Ci servono migliori comportamenti da parte di tutti».

L’Anm rivendica il diritto di dare pareri tecnici sulla riforma Nordio. Sbaglia?
«No; ha le competenze per farlo. E alcune osservazioni, come quelle sulla impraticabilità pratica del collegio di tre giudici per le decisioni sulla libertà, sono esatte. Ma non come controparte».

Allora?
«Deve prendere posizione nello spirito della leale collaborazione tra istituzioni, più volte richiamata dalla Consulta. Anche quando l’altra parte non lo fa. Non deve cadere nella trappola del litigio».

Faceva parte dei saggi della Riforme Calderoli Si è dimesso anche lei. Perché?
«Come ho detto al Ministro Calderoli e al Professor Cassese non avevo il tempo necessario per seguire con attenzione una riforma così decisiva per i diritti dei cittadini. Ho avvertito anche alcuni colleghi».

Condivide obiezioni degli altri che si sono dimessi?
«Il punto di fondo è che sui diritti essenziali dei cittadini deve intervenire il Parlamento».

 

Corriere della Sera

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