Venduta

Venduta

Tutti possono commettere degli errori. Meglio se riconoscendoli. Ma che tutti commettano sempre lo stesso errore è maniacale. Per evitare che si caschi anche solo in tentazione sarebbe saggio lasciare al governo in carica, nell’esercizio degli affari correnti, la possibilità di chiudere alcuni problemi aperti. Invece sembra che si voglia il contrario, commettendo un errore pericoloso.

Ita Airways è una compagnia aerea il cui capitale è totalmente in mano pubblica. È nata per non disperdere totalmente il patrimonio distrutto da Alitalia, condotta al fallimento più e più volte. La Sora Cesira e il Sor Augusto, come tanti altri contribuenti italiani, non hanno mai volato o non hanno volato con Alitalia, eppure hanno dovuto pagare una parte del biglietto a quelli che lo facevano.

Chi volava Alitalia, del resto, come con altre compagnie di bandiera fino a quanto il mercato non s’è veramente aperto alla concorrenza, pagava cifre spropositate: un Roma-Milano-Roma quotava uno stipendio mensile. E comunque Alitalia è fallita e rifallita. Per far nascere Ita la Sor&Sor, il contribuente, ha messo mano al portafoglio e ha tirato fuori altri 720 milioni.

Ma non bastano, né era pensabile si potesse andare subito in attivo, sicché ora è richiesto un aumento di capitale per altri 400 milioni. L’intera operazione, però, era finalizzata, fin dal primo momento, alla vendita delle azioni. Alla privatizzazione. Anche perché il contrario è proibito dalle norme europee. Che non sono i “burocrati di Bruxelles”, ma le regole che hanno consentito a tutti di comprare un biglietto aereo, facendo scendere le tariffe. Di moltissimo.

Ita ha fatto il suo dovere. (Racconto fra parentesi: ero su uno dei suoi aerei, qualche giorno addietro, e il personale di bordo passava con il carrello delle bevande; avendo quasi terminato il servizio e richiedendo un passeggero un bicchiere di succo di frutta, la hostess di un carrello si è ricolta alla collega: ne hai ancora? perché dovrei aprirne uno e sarebbe uno spreco. Brava.

Non so se parsimoniosa lei o buone le istruzioni ricevute, comunque è anche così che non si fallisce). Il governo resiste all’aumento di capitale ed è avanti con i negoziati per la vendita. Due le cordate: una (pare in vantaggio) di MSC, compagnia di navigazione marittima italiana, e Lufthansa, tedesca; l’altra Certares – Air France – Delta, statunitense. Giorgia Meloni ha detto, però, che a decidere saranno loro, una volta al governo.

È vero che la cessione sarà firmata dal nuovo governo, ma se pensano anche di “decidere” va tutto a ramengo. Ora, a parte il fatto che la faccenda è stata gestita anche dal ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, leghista e alleato di Meloni, sicché smentirlo sarebbe conferma che non concordano su nulla, salvo che sul sommarsi per vincere, a parte questo: se salta il negoziato resta tutto in mano statale e abbiamo rifatto Alitalia. Ovvero ci mettiamo sulla strada per rifallire e la Sor&Sor su quella di tornare a pagarne il conto.

Chi va dicendo “noi non aumenteremo le tasse” dovrebbe spiegare come pensa di ridurre le spese. Ma qui siamo al farle crescere, sicché le tasse aumenteranno per forza. Ha straragione Meloni quando invita a non fare promesse che non si possano mantenere, ma la compagnia di bandiera statale e in attivo rientra proprio in quella categoria. E se, invece, per “decidere” s’intende a quale filiera vendere, ovvero dare indirizzo politico a quel che dovrebbe essere un confronto di mercato, allora già si sente un fremito di commistione fra affari e politica.

Non conviene. Se ne rendano conto. Cento volte meglio lasciare che le cose facciano il loro naturale corso, impegnare il futuro governo al controllo severo che il lavoro svolto dal predecessore sia stato fatto bene e correttamente, ergo chiudere in quel senso la partita. Venduta. Ogni altra ipotesi, a parte i pericoli interni, sconta una drammatica perdita di credibilità esterna.

La Ragione

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