Taxi, una riforma a metà

Taxi, una riforma a metà

Mentre turisti e cittadini girano in cerca di un taxi per le città bollenti come l’anima vagula e blandula cantata dall’imperatore Adriano, a rischio di diventare pallidula, rigida, nudula, nella defatigante attesa di trovarne uno, oggi il governo dovrebbe emanare un decreto per risolvere in modo categorico e definitivo per tutti il problema dei taxi. Da quel che si apprende, si procederà su due piani: la possibilità per alcuni Comuni di aumentare fino a un massimo del 20% le licenze taxi e come ciliegina l’accordo, patrocinato dal ministero delle Infrastrutture, tra associazioni di discoteche e cooperative taxi per offrire un passaggio gratuito a casa quando la notte si supera il tasso etilico consentito dalla legge per guidare l’automobile. Partiamo dal punto importante vale a dire la riforma dei taxi. L’aumento delle licenze avverrebbe attraverso concorsi
straordinari indetti solo da alcuni grandi Comuni per gli attuali licenziatari, i loro sostituti alla guida e chi è in possesso dei requisiti necessari e si affaccerebbe per la prima volta al mestiere, con preferenza di assegnazione alle prime due categorie; i proventi del “contributo” per le nuove licenze verrebbe poi versato ai tassisti odierni per ristorarli della maggior concorrenza. I Comuni potrebbero poi aggiungere licenze temporanee in caso di grandi eventi, come il Giubileo a Roma o le Olimpiadi a Milano, ma riservate solo a chi ha già la licenza (che evidentemente poi subaffitterà quella temporanea). Infine, ci sarebbe il via libera alla doppia guida, in modo tale che grazie a una sola licenza possano guidare due conducenti in orari diversi, meccanismo già in vigore in alcune città ma che non ha avuto grande successo (forse per alcune limitazioni a esso attaccate). Infine, il governo prevede ulteriori incentivi fiscali per l’acquisto di veicoli non inquinanti: un sussidio non si nega mai. Che dire? Piuttosto di niente meglio piuttosto. Quindi, la doppia guida senza troppi lacciuoli qualche autovettura in più per le strade dovrebbe portarla. Ma limitare il numero di licenze a concorso al 20% in più rispetto ad ora e solo per alcune città non ha molto senso, vista la domanda che si è creata rispetto al servizio disponibile. Inoltre, se i Comuni potranno ma non dovranno bandire nuove licenze – permanenti o temporanee -, rischiano di rimanere in ostaggio della categoria e delle sue proteste, esattamente come ora. Né nulla si preannuncia sulla liberalizzazione dei servizi per gli Ncc (auto a noleggio), flessibilità delle tariffe, piattaforme informatiche. Eppure, la scarsezza di autovetture danneggia i consumatori – incluse le persone più fragili – e l’economia che, a causa della mancanza di offerta, perde Pil potenziale. L’Autorità antitrust (Agcm), che ha aperto l’ennesima indagine per accertare eventuali pratiche restrittive, già da anni ha individuato varie soluzioni per aprire il mercato. Infatti, nel parere del 2017, pur affermando che “non esiste alcun diritto acquisito a una eventuale compensazione nei confronti degli attuali possessori di licenza” (giusto!), l’Agcm si dichiarò “consapevole che la possibilità di successo delle riforme in senso pro-concorrenziale sono strettamente legate all’adozione di misure idonee a limitare quanto più possibile l’impatto sociale dell’apertura del mercato”. Tre furono le proposte: 1) l’assegnazione a ogni tassista di una licenza supplementare con obbligo di rivendita sul mercato; 2) la vendita dello stesso numero di licenze da parte dei comuni con assegnazione del ricavato agli attuali licenziatari; 3) prevedere due tipologie di operatori, quelli gravati da obblighi di servizio pubblico (i tassisti) e quelli liberi (tipoUber), con i secondi che compensano i primi per il privilegio. Un gruppo di deputati (primi firmatari Marattin e Pastorella) ha presentato un ddl ispirato alla prima soluzione (quindi senza oneri per i contribuenti) più altre liberalizzazioni tariffarie, per le piattaforme e per gli Ncc. È la soluzione più semplice e immediata ancorché non perfetta. Tuttavia, quello che bisogna evitare è un’ulteriore falsa riforma che ci lasci più o meno al punto di partenza. Oppure qualche bizzarro esperimento che inciti tutti a uscire un po’ brilli dalla discoteca per scroccare un passaggio in taxi a carico del contribuente (escluso – giustamente – che conducenti o gestori della discoteca ci perdano soldi). Un decreto Mojito in piena regola per confermare che il nostro Paese è il più buffo del mondo.

La Stampa

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