Sindacati e toghe vogliono lasciare l’Italia a terra

Sindacati e toghe vogliono lasciare l’Italia a terra

Negli aeroporti italiani quello di oggi potrebbe essere un giorno dominato dal caos. Nell’ordine: prima i sindacati dei controllori di volo proclamano uno sciopero nel pieno della stagione estiva (quando gli aeroporti sono pieni di turisti), quindi un’ordinanza del ministro delle Infrastrutture Delrio differisce lo sciopero ad altra data, poi i giudici del Tar annullano la decisione governativa e, infine, un’azione del ministro degli Interni Alfano ripropone lo stop allo sciopero per ragioni di ordine pubblico.

Siamo alla follia, insomma. E siamo in questa situazione a causa di sindacati e giudici irresponsabili, che non tengono in considerazione le esigenze delle compagnie aeree, i diritti dei viaggiatori, gli interessi del sistema turistico.

Gli autori di scuola liberale hanno sempre guardato con sospetto alla pretesa (tipicamente socialista) di considerare lo sciopero un diritto e hanno ritenuto un’assurdità l’idea di farne un diritto di livello costituzionale. Se ci si basa sui fondamenti giuridici e si utilizza la logica, lo sciopero non è altro che la violazione di un impegno contrattuale. Oggi questa posizione coerentemente liberale è di pochi, ma è pur vero che nel caso dei servizi pubblici non sono solo i difensori della proprietà e del mercato a comprendere che un piccolo gruppo di persone non può abusare della sua posizione per ricattare un intero Paese.

Perfino in Italia è ormai patrimonio comune. Questa diffusa consapevolezza ha cominciato ad affermarsi dopo che nel 1981 Ronald Reagan decise il licenziamento in blocco di 11mila controllori di volo perché 300 milioni di americani non potevano essere nelle mani di un pugno di ricattatori. Da noi nessuno licenzierà nessuno, sia chiaro. Però una legge che garantisce i servizi essenziali alla fine siamo riusciti a darcela: il guaio è abbiamo questi giudici e sindacati, e in questa situazione è difficile che si possa garantire i diritti del cittadino comune. Certo, se non troveremo il modo di difendere le nostre prerogative fondamentali dinanzi all’arroganza dei piccoli gruppi organizzati, vedremo indebolirsi ancor più le nostre libertà e ci troveremo ben presto entro una società dominata dal disordine e dall’arbitrio.

Carlo Lottieri, Il Giornale del 23 luglio 2016

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