Prescrizione lunga, perché si tratta di un provvedimento liberticida

Prescrizione lunga, perché si tratta di un provvedimento liberticida

Dunque il decreto anticorruzione sta per diventare legge dello Stato. Con esso, sarà inserita quella mostruosità giuridica che prevede la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Non sono servite le proteste degli avvocati, dei professori universitari e degli stessi magistrati, né la clamorosa sintonia di Forza Italia e del Pd su di un tema la giustizia che li aveva sempre ferocemente divisi. Nemmeno il severo monito del ministro Giulia Bongiorno, che aveva definito questa novità una bomba atomica, ha convinto il Guardasigilli a cambiare idea.

La risposta di Bonafede è stata sempre la stessa: la riforma della prescrizione sarà accompagnata da quella, più organica, dell’intero processo penale, ed entrambe entreranno in vigore alla fine del prossimo anno. Peccato che della prima si sappia tutto, e della seconda non si sappia nulla. Nella peggiore tradizione italiana intanto si parte, e poi si vedrà: ancora una volta andiamo in Russia con le scarpe di cartone.

Il lettore si domanderà – forse infastidito perché si dia tanta importanza a questa piccola modifica. Nella sua visione pragmatica, e in fondo giustificata, avrà capito che, nella sostanza non cambierà granché. I corrotti non si faranno certo intimidire dall’ennesimo aumento di pene, né dall’agente infiltrato, né dalle altre belle pensate di un legislatore confuso e confusionario. Quanto ai tempi del processo, sono già così intollerabili da rendere ininfluente anche un loro ulteriore allungamento. Annegare in due metri d’acqua di fiume o nell’abisso dell’oceano è la stessa cosa: e il nostro sistema penale è così sfasciato che un ennesimo colpo non aggrava un crollo già avvenuto. Questo, appunto, può pensare il disincantato cittadino.

Ma in realtà le cose non stanno proprio così. Perché la gravità di questo provvedimento non consiste tanto nei difetti che contiene, ma in quelli che esso riflette ed esprime: l’inavvedutezza tecnica e l’ostinata preclusione alla riflessione critica e al confronto leale. Quando il Ministro della Giustizia ha detto di aver ascoltato tutti, ma che alla fine decide la politica, ha manifestato con incauto candore queste insufficienze. Perché è vero che il Parlamento è sovrano, ma lo è quando si sottopone al vaglio della ragionevolezza e della competenza, e non all’istinto di sensazioni emotive. Perché se davvero il Ministro crede di poter riformare il codice di procedura penale entro un anno, è in preda a un’esaltazione coribantica che ne altera la percezione della realtà. In dodici mesi non farà né un nuovo codice né tanto meno le assunzioni di personale necessarie farlo funzionare. Ma – e questo è il punto più grave – questa funesta approssimazione non è affatto isolata. Essa è purtroppo coerente con la confusione che sta emergendo nella legge di bilancio, un vero enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero ; e ancora, nelle oscillanti incertezze sulla sorte delle grandi opere, sulle autonomie delle Regioni, e, più grave di tutte, sui rapporti con l’Europa.

Nella sua beata speranza di coniugare la riforma della prescrizione con quella del codice, il ministro Bonafede esprime la complessiva fantasia creativa del Governo quando promette insieme pensioni, sussidi, investimenti e riduzioni fiscali: per gli inglesi è un wishful thinking, per i romani era un putant quod cupiunt. Per noi, è il Paese di Bengodi.

Queste amare riflessioni non devono tuttavia risolversi in una polemica sterile o in una inerzia rassegnata. Nella Storia non c’è nulla di scritto a priori, ed esiste sempre la possibilità di un ravvedimento operoso. Per quanto riguarda la prescrizione, saremmo i primi ad esultare se il Ministro smentisse le nostre previsioni. Ora tocca a lui dimostrare con i fatti che il suo ottimismo era giustificato. Anche se non riuscirà a rifare il codice, semplifichi le procedure, inizi la depenalizzazione, colmi gli organici, incrementi le risorse, razionalizzi gli uffici e riordini le oltre ventimila leggi che rendono asfittico e incerto il nostro sistema giuridico. Vasto programma vero? Beh, non più arduo di quanto non sia conciliare il reddito di cittadinanza con la riforma delle pensioni e il tetto del deficit.

Carlo Nordio, Il Messaggero 19 dicembre 2018

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