Meteoropatici

Meteoropatici

Il Fondo monetario internazionale e la Banca d’Italia, non isolati e solitari, calcolano il danno economico e la mancata crescita dovuti a un clima che colpisce la produzione e la vita civile. Lo spirito del Green Deal europeo è l’opposto, ovvero fare di questi disagi un’occasione di crescita tecnologica e produttiva. Gli elevati costi di questa operazione, la massa finanziaria che è necessario mobilitare, sono un’occasione per ottenere anche maggiore integrazione nell’Unione europea, generando debito comune destinato a farvi fronte. È la sola chiave per vivere il cambiamento climatico senza abbandonarsi al panico o alle litanie penitenziali. La colpa non è quel che si è fatto (nella nostra Ue la produzione di gas che alterano il clima è scesa ben più che altrove), ma quel che non si sarebbe in grado di fare.

Posto che i roghi che devastano il Sud sono favoriti dal clima, ma innescati da criminali, e che gli alberi che cascano sono sì fatalità, ma favorite dalla mancata cura delle piante in ambito cittadino, non è possibile che tutta la discussione sulle conseguenze delle bizzarrie climatiche si concentri sui risarcimenti o sui soldi per non lavorare. La Covid economy ha avvalorato l’idea che bastino una legge e un ristoro per far fronte a tutto, occultando il fatto che i finanziatori sarebbero i contribuenti – quindi il sistema produttivo e i cittadini – con l’esclusione degli evasori fiscali. Ragioniamo piuttosto su cosa fare ora, per affrontare i nuovi problemi.

Per ragionare dobbiamo sgomberare il campo dalle impuntature. Le ideologie del secolo scorso fornirono a moltissimi una spiegazione del mondo, salvo far fare loro la figura dei cretini che credevano a cose inesistenti e quando esistenti mortifere. Il complottismo succeduto alle smentite ideologiche serve a giustificare i propri fallimenti, imputandoli alle forze del male. L’odio contro gli “altri” serve a far credere a chi non ha niente da dire di poter dire qualche cosa. Millenaristi e strafottenti sono accolite d’inutili invasati. Certo che il dubbio e il dubitare sono premessa di ricerca e ragionevolezza, ma non hanno nulla a che vedere con l’ignavia e la rassegnazione inerte.

Qualsiasi misura di contenimento delle cause, o supposte tali, dei cambiamenti climatici richiede tempo. Quindi non sono un tempo inaccettabile i 10-15 anni necessari per far partire centrali nucleari di ultima generazione, che non emettono un fiato climalterante. Non c’è bisogno di convocare alcun referendum, si tratta di avere la responsabilità di operare. Subito. Il referendum, semmai, lo convochino i contrari. A questo giro sarà più difficile difendere il mondo a carbone e petrolio.

Nel frattempo non sarà cancellata la tropicalizzazione dei fenomeni, ma si può ben lavorare e investire nel salvare le acque per la siccità e nell’imbrigliarle quando piove troppo. Si tratta della stessa cosa. Si possono avere acquedotti decenti e non i colabrodo malanno comune. Si può fiscalmente favorire l’investimento privato teso a rendere energeticamente più sicure le abitazioni e ad assicurarle. Si può rendere operativi gli investimenti in fonti rinnovabili, visto che quel che si rinnova è l’eterna ed estenuante chiacchiera su impianti e permessi. Si può utilizzare la spinta del Pnrr per non perdere colpi e vantaggi nella corsa verso la sicurezza a terra e la vivibilità metropolitana. Si possono rendere esistenti le colonnine per ricaricare le vetture elettriche o ibride, senza animare l’insulsa rissa su se quei motori siano popolari o elitari (il trasporto pubblico sarebbe degno di città vivibili).

Che l’allarme sia de sinistra mentre lo strafottersene sia de destra è divisione che può esistere solo in culture in cui la destra e la sinistra anticapitaliste e antimercatiste sanno soltanto produrre pregiudizi e miseria. Degne discendenti dei padri criminali del secolo scorso. Non ci serve un mondo che soffre il clima, meteoropatico: servono idee e classi dirigenti che il futuro lo sappiano immaginare a partire dal presente reale.

 

La Ragione

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