L’illusione della deterrenza

L’illusione della deterrenza

La parola chiave è “deterrenza” e raccontano che Giorgia Meloni ci creda davvero. Ascoltando il suo videomessaggio dello scorso 15 settembre, chi scrive si era convinto che il presidente del Consiglio parlasse ai migranti africani per farsi intendere dagli elettori italiani. Ritenevamo che il focus del discorso fosse quel “non abbiamo cambiato idea” pronunciato con lo sguardo fiero fisso in camera e che quelle parole volutamente rassicuranti nascessero dall’esigenza di contenere il tentativo di Matteo Salvini di eroderle consensi a destra. Errore. Giorgia Meloni intendeva davvero rivolgersi ai migranti e il focus o del suo discorso era davvero quel “messaggio chiaro a chi vuole entrare illegalmente in Italia: non conviene affidarsi ai trafficanti… se entrate illegalmente, sarete trattenuti e rimpatriati”.

Con lo stesso spirito, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, che della Meloni è tanto il braccio quanto la mente, ha cercato di convincere gli alleati e il ministro dell’Interno a fare di Lampedusa un gigantesco Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr). Una via di mezzo tra Ellis Island e Guantanamo, che nelle intenzioni di Fazzolari (e della Meloni) avrebbe dovuto dissuadere i migranti dal partire. La proposta di Fazzolari è stata respinta, ma lo spirito di quell’intuizione ha continuato ad ispirare la strategia di palazzo Chigi fino a concretizzarsi nel recente accordo con il governo Albanese.

Giorgia Meloni sa che semmai quell’accordo diventerà operativo servirà a “confinare” un’esigua minoranza dei migranti che sbarcano in Italia (tra i 3mila e i 6mila l’anno su 130mila circa che arrivano), ma ritiene che la prospettiva di finire dietro le sbarre in Albania possa fungere da deterrente scoraggiando di conseguenza decine di migliaia di disperati dal partire facendo rotta sulle coste del Belpaese.

La deterrenza è uno dei miti della politica italiana. Ispirò l’introduzione, nel 2009, del reato di immigrazione clandestina da parte del governo Berlusconi (reato confermato nel 2014 dal centrosinistra al governo per paura dell’impopolarità) e ispira la deriva panpenalistica in ragione della quale i partiti di governo, e in modo particolare quelli di centrodestra, sono soliti affrontare ogni allarme sociale in materia di sicurezza inasprendo le pene detentive o coniando nuove fattispecie di reato. Un esempio tra i tanti, il reato di omicidio stradale. Le statistiche, però, sono impietose e gli studi di psicologia sociale tendono a corroborarne i dati: la deterrenza non ha mai funzionato un granché. Quel che funziona, semmai, è l’effetto che l’annuncio produce sull’elettorato, che tende irrazionalmente ad associare il varo di norme straordinarie ad una straordinaria efficacia dei governi. È un’illusione, naturalmente, ma il bisogno di illudersi degli elettori non è meno forte di quello dei migranti.

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