#laFLEalMassimo – Episodio 8 – Recovery Fund, un’importante occasione sprecata

#laFLEalMassimo – Episodio 8 – Recovery Fund, un’importante occasione sprecata

 

Episodio 8 – Recovery Fund un’importante occasione sprecata 

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che è stato poi inviato alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica al fine di acquisirne le valutazioni.

Il Piano dovrà dare attuazione, nel nostro Paese, al programma Next Generation EU, varato dall’Unione europea per integrare il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 alla luce delle conseguenze economiche e sociali della pandemia da COVID-19.

Inutile indugiare sulle miserie di una lista della spesa da 222 miliardi nella quale il governo si è barcamenato come un equilibrista per distribuire a ciascuno il suo, senza scontentare nessuno tanto rimane ai posteri l’ardua vertenza di pagare il conto.

Meglio chiarire alcuni punti fermi di quella che si profila come una sconfitta epocale che potrebbe avere conseguenze gravi e molto difficili da quantificare in anticipo.

Partiamo dal momento in cui 2 statisti, come non se ne vedono in italia da decenni,  Angela Merkel e Emmanuel Macron scrivono una pagina di storia: la proposta Franco-Tedesca per il Recovery Fund vale 500 miliardi e prevede espressamente che si conceda aiuto a chi ne ha più bisogno, mentre gli oneri si ripartiscono in base alla capacità di farvi fronte.

Caduto il blocco storico nei confronti dell’emissione di debito comune da parte dei paesi finanziariamente virtuosi la commissione di Ursula Von Der Leyen ha la strada in discesa per alzare la posta a 750 miliardi che aggiunti ai 1074 del bilancio pluriennale della Commissione portano le risorse complessive a 1824 miliardi –  al netto di qualche passaggio non troppo edificante sulla ripartizione tra oneri e onori, paesi frugali e freni di emergenza veniamo al presente.

L’italia, che era ammalata di incapacità cronica di crescere e debito insostenibile, prima dell’emergenza sanitaria, oggi ha la possibilità di accedere a una apertura di credito politica prima che economica e finanziaria.

L’unica cosa che ci viene richiesta è la presentazione di un progetto credibile e concreto, che rispetti poche semplici condizioni: ossia,

in primo luogo, come è ovvio, coerenza con le finalità di fondo del programma volto a rinforzare i tessuti economici e riparare i danni causati dalla pandemia,
in secondo luogo rispetto delle raccomandazioni specifiche per individuate per ogni paese nel semestre europeo, che è come dire ripariamo i fori del recipiente prima di versarvi liquidi
e dulcis in fundo essere sostenibile dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica.
A seguito di una grave crisi, ci viene offerta una formidabile opportunità di riscatto e noi cosa facciamo?

Ripetiamo l’assalto alla diligenza di ogni legge finanziaria, distribuiamo a pioggia mance e mancette per mantenere gli interessi di bottega con il serio rischio di ricevere rifiuti o di perdere i fondi per mancata realizzazione dei progetti proposti.

Se le 170 pagine del PNRR sono troppo generiche per formulare un giudizio preciso sui singoli provvedimenti è tuttavia possibile formulare almeno 3 considerazioni sull’impianto teorico al quale fanno riferimento:

una concezione anacronistica della società e del tessuto economico che guarda alla “vocazione manifatturiera”, alle “infrastrutture fisiche per la mobilità” pensando che la tutela dei lavoratori venga dall’imposizione di minimi salariali o dal rafforzamento della contrattazione collettiva
scarsa considerazione delle dinamiche concorrenziali (comprensibile quando si è al tempo stesso arbitro e concorrente) e centralità del dirigismo statale che mira a fregiarsi di qualifiche come digitalizzare la PA, senza accorgersi di follie come il fatto che alcuni servizi pubblici on line siano ad oggi disponibili solo in orario di ufficio
una visione irrealistica degli incentivi necessarie per incrementare gli investimenti da parte delle imprese e la partecipazione al lavoro dei cittadini determinanti fondamentali per la crescita di medio periodo
Per riepilogare non abbiamo ancora abbastanza informazioni, per bocciare il programma del governo, ma esistono sufficienti elementi per qualificare la strategia come

politicamente distorta verso un intervento dello stato che possa controllare le risorse per guadagnare il consenso dei soggetti che le riceveranno
orientata al passato, alla conservazione e dunque incapace di cogliere le sfide in termini di flessibilità e innovazione necessarie per rimanere al passo con le altre nazioni sviluppate
opportunisticamente dedita a cercare di ottemperare alle formalità necessarie per l’ottenimento dei fondi (abuso di terminologia digitale e green, promesse da marinario sui conti pubblici) confidando di poterci poi fare quel che si vuole grazie a un po’ di sana retorica nostrana
Non si tratta di un bel segnale e il riscontro da parte degli organi che dovranno valutare le proposte è tutto da vedere, ma il controllo dell’Europa potrà essere solo di alto livello e si limiterà ad evitare gli abusi più macroscopici: l’Italia si trova davanti a una nuova fondamentale opportunità, come quelle sperimentate con l’adesione all’euro e con la risposta BCE alle crisi dei debiti sovrani, sta a noi cercare di non sprecarla ancora una volta perché non esiste alcun vincolo esterno che possa salvarci da noi stessi.

Per il momento, assistiamo con tristezza allo uno spettacolo desolante di una classe politica inadeguata che si appresta a sprecare per l’ennesima volta, forse l’ultima, una fondamentale occasione di riscatto per il nostro paese.

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