Il futuro dell’Italia è in Europa

Il futuro dell’Italia è in Europa

di Paola Brunetti e Emma Galli

 

Il futuro dell’Italia è in Europa. Peccato che molti non ne siano consapevoli, a giudicare dalla crescita nell’ultimo decennio del sentimento antieuropeo, alimentato sia dalla propaganda populista che dall’incomprensione dei meccanismi decisionali comunitari da parte di un numero sempre più rilevante di cittadini.

L’ UE è stata spesso percepita come un corpo estraneo, che si caratterizza per il dominio di alcuni Stati membri a discapito di altri e che antepone la stabilità finanziaria al benessere economico e sociale dei cittadini.

Ma per l’Italia l’appartenenza all’Unione Europea rappresenta un beneficio o una zavorra?

Il nostro paese è il quarto contributore netto al bilancio UE, ma diversi attori beneficiano ampiamente dei fondi messi a disposizione da Bruxelles nell’ambito, ad esempio, della PAC e delle politiche regionali e di coesione.

L’esistenza di un mercato unico di 450 milioni di persone, che condividono le regole per la concorrenza, una politica commerciale comune e una moneta prevalente come l’euro, offre notevoli opportunità di business alle imprese e benefici per i consumatori, che hanno maggiori possibilità di scelta e prezzi più vantaggiosi.

La recente crisi determinata dalla pandemia del Coronavirus ha colpito maggiormente i paesi mediterranei, tra cui l’Italia. Le prospettive di crescita per il 2020 vedono stime al ribasso e vi è grande incertezza per il futuro. Per far fronte all’emergenza e al blocco parziale delle attività economiche, i paesi più colpiti hanno dovuto adottare misure economiche nazionali di grandi proporzioni.

La BCE ha messo tempestivamente a disposizione un bazooka, le Istituzioni europee hanno approvato un primo pacchetto di strumenti finanziari, per alleviare gli oneri degli Stati membri ed è imminente il varo di un Recovery Fund. Di tale iniziativa non si conoscono ancora le technicalities ma appare evidente che questo strumento sia di vitale importanza per l’Italia, che senza la protezione europea avrebbe difficoltà a finanziarsi nei mercati internazionali a costi accessibili.

Le politiche comunitarie hanno un effetto equilibratore del mercato interno e favoriscono una visione unitaria e solidale dello sviluppo, laddove gli interventi nazionali aumentano le disparità e alterano il level playing field. Il quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato, pur se necessario nella fase dell’emergenza, non può protrarsi a lungo senza produrre effetti devastanti sul mercato interno e causare squilibri macroeconomici tra Paesi.

Per l’Italia sarebbe vantaggioso “comunitarizzare” maggiormente alcuni settori, come la politica industriale, asse portante del sistema economico del Paese. Progetti europei nel settore dell’aerospazio, del digitale, della sanità, del settore automobilistico, affiancati al new green deal, una delle priorità della Commissione Von der Leyen, consentirebbero alle nostre imprese di ampliare i segmenti di mercato ed inserirsi sempre più nelle catene del valore europee, anche per ridurre la dipendenza dai paesi terzi nei settori strategici.

Qual è il ruolo dell’Italia in Europa? Il nostro Paese è il terzo paese europeo per popolazione e per PIL, registra da anni un avanzo primario, detiene un risparmio privato tra i più consistenti nell’area euro, è la seconda economia manifatturiera e il secondo paese esportatore nella UE ma è appesantito da un alto debito pubblico, che quest’anno supererà il 150% del PIL. I rappresentanti italiani partecipano ai processi decisionali comunitari e nelle ultime due Legislature sono stati attribuiti a personalità italiane incarichi tra i più prestigiosi, come Presidente del Parlamento UE, Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Commissario per l’Economia. Se guardiamo al contesto internazionale, l’Italia è membro del G7 e del G20, ha dunque lo status di una potenza economica ed industriale, sia pure con alcuni squilibri, ma non sembra averne percezione, si limita ad avere un ruolo di comparsa nello scenario internazionale ed europeo quando potrebbe essere tra i protagonisti e questo, oltre ad alimentare la propaganda populista, ne frena le potenzialità.

 

L’intesa franco-tedesca è una minaccia per i nostri interessi? L’asse franco-tedesco nasce per superare secoli di guerre ed incomprensioni che hanno devastato l’Europa, ed è questo il senso della sua esclusività. Per anni, tra alti e bassi, questa coppia è stata il motore dell’integrazione europea e il Trattato dell’Eliseo nel 1963 e di Aquisgrana del 2019 hanno sicuramente promosso una cooperazione sempre più stringente tra i due Paesi. Non si tratta, tuttavia, di un’intesa granitica, lesiva degli interessi degli Italiani, come dimostra la recente proposta Macron-Merkel sul Recovery Fund, che rappresenta un’apertura significativa verso un approccio mutualistico ai problemi e sancisce il rilancio del progetto di integrazione. Esiste uno spazio in cui l’Italia possa assumere un ruolo politico, nella consapevolezza che gli interessi degli italiani sono maggiormente salvaguardati nella dimensione europea; non per puntare al triumvirato, ma per costruire alleanze più ampie e far avanzare il processo di integrazione europea, sostenendo con convinzione il lavoro e il ruolo della Commissione e del Parlamento. La propaganda sovranista e populista va rovesciata: il presente e il futuro di consumatori, imprenditori, lavoratori, studenti del nostro paese, solo per richiamare alcuni degli interessi italiani in gioco, è senza dubbio in Europa.

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