Eurovision

Eurovision

Cantando si dice che passi, ma può capitare che venga. Qualche buona idea. Il gruppo musicale ucraino è stato accolto con una ovazione, quando è comparso sul palco torinese. Il minimo dovuto. Dopo di che la gara continua e quale ugola vincerà è faccenda solo canora. L’idea di quel Festival venne dalla riproposizione multinazionale di Sanremo, l’ambito era quello dell’“Unione europea di radiodiffusione”, nata nel 1950, la prima edizione si tenne a Lugano, nel 1956.

Da allora ha cambiato nome ed è molto cresciuto, con adesioni successive (l’Ucraina, per dire, è entrata nel 2003). I soli Stati europei a non avere mai partecipato sono la Città del Vaticano e il Liechtenstein. L’invito è sempre valido. E se Eurovision fosse un modo di vedere l’Europa?

Noi abbiamo bisogno di una Unione europea più integrata, più forte, più simile agli Stati uniti, quindi con una maggiore devoluzione di competenze. È una questione di convenienza: la campagna di vaccinazione ha funzionato benissimo, proprio devolvendo a livello europeo quel che fino a quel momento non era di competenza europea, ovvero approvvigionamenti e distribuzione.

Poi, ovviamente, le vaccinazioni si fanno in sede locale. Ora ci è chiarissimo che abbiamo bisogno di qualcosa di simile in campo energetico e non poteva essere spiegato in modo più chiaro che è urgente nel settore della difesa. Solo che, a quel punto, per la verità già passato, non si può governare e far vivere una simile organizzazione con le regole del passato e dell’unanimità.

Epperò, al tempo stesso, noi già viviamo in una Unione di 27 membri, di cui 19 hanno una medesima moneta e 8 no. Una doppia Europa esiste di già. Per la verità anche una tripla, perché rimane in vita il Consiglio d’Europa, fondato nel 1949 e sede dell’importante Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Tanto esiste che spesso, con superficialità, si crede che la Cedu sia parte dell’Ue, mentre al Consiglio d’Europa aderiscono 46 Stati (la Russia è appena uscita, proprio per evitare la Corte). Se volete metteteci anche l’Eurovision, ma siamo comunque tenuti a metterci i capitoli di “cooperazione rafforzata”, ovvero gruppi di Paesi, all’interno dell’Ue, che decidono di integrarsi maggiormente su questo o quel tema (poca roba).

Tutto questo esiste di già, sicché è parso curioso che taluno abbia accolto con stupore le parole del presidente di turno dell’Ue, Emmanuel Macron, secondo cui si può avere un’Europa a diverse velocità. Tanto più che quel concetto è familiare a chi conosce la storia e segue le vicende europee, giacché Altiero Spinelli parlava di Europa a <<geometria variabile>> già nel secolo scorso. Un ultimo elemento: per taluni (sicuramente per me) è stato doloroso il risultato referendario inglese del 2016, noto come Brexit, ma è ancor più doloroso constatare che avevamo ragione a prevedere che non avrebbe portato male all’Ue, bensì a Uk.

Difatti questo ha messo in modo meccanismi disgregativi interni, non ha limitato (anzi) gli immigrati e sono ancora di là da venire gli accordi commerciali e doganali, altrimenti gravosi per gli inglesi. E noi europei dell’Ue (perché europei restano anche gli inglesi) difenderemo i nostri interessi, ma non ne abbiamo alcuno a peggiorare i problemi albionici.

E allora: possiamo ben costruire un accordo di modifica dei Trattati, creando un nucleo forte di Paesi che accettano che il Parlamento europeo abbia iniziativa legislativa e che le decisioni del Consiglio, ovvero dell’organo che riunisce capi di Stato o di governo di ciascun Paese, siano prese a maggioranza. Ferma restando l’unanimità per le riforme “costituzionali”.

Moneta, difesa, politica estera comuni. Oltre al resto. Accanto a questo può esserci una comunità delle democrazie cui può prendere parte chi lo desideri, Uk compreso, salvo verificarsi che sia uno Stato di diritto (tema sensibile anche dentro l’Ue, come si è visto). Nel primo gruppo i vincoli sarebbero più forti. Nel secondo limitati alla tutela delle libertà e dei diritti. Perché quel comune sentire esiste a prescindere dalla regole di mercato, come l’ovazione Eurovision agli ucraini sta a dimostrare. Dopo di che: vinca il migliore.

La Ragione

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