Le molte anime pacifiste con cui la Meloni dovrà fare i conti

Le molte anime pacifiste con cui la Meloni dovrà fare i conti

È una parte tutt’altro che marginale della società civile e della sua rappresentanza politica e sociale. Dai sondaggi risulta che solo un elettore su tre condivida la scelta del governo di inviare armi all’Ucraina, oltre il 50% dei cittadini italiani non la approva. Gli danno voce il Movimento 5stelle, il Vaticano, la Cgil, un pezzo di Pd, diversi giornali, parecchi intellettuali, giornalisti, scrittori, artisti, associazioni di sinistra, circoli di destra…

Se vi fossero una comune matrice culturale e una volontà politica condivisa, sarebbe una grande, grandissima questione democratica. Sappiamo, però, che quell’abbondante metà dell’opinione pubblica italiana e il variegato mondo “pacifista” che gli dà voce appartengono a mondi e sono soggetti a logiche assai diverse. Questo non elimina il problema, ma lo depotenzia almeno un po’.

Moltissimo conta, tra le rappresentanze politiche di destra come tra quelle di sinistra, l’antiamericanismo. Molto conta l’idealismo cattolico, dimentico del fatto che il concetto di “guerra giusta” fu teorizzato sia da sant’Agostino sia da san Tommaso, che nell’Antico Testamento il profeta Isaia dice che “la spada di Dio è coperta di sangue” e che nel Nuovo Testamento si annunci che “chi pone mano alla spada, perirà di spada”. Molto contano l’opportunismo, la demagogia e l’irresponsabilità di diversi leader politici e di non pochi cosiddetti intellettuali. Molto conta, come accadde negli anni Settanta, la capacità di condizionamento economico che l’aggressore (l’Unione Sovietica ieri, la Russia putiniana oggi) riesce ad esercitare sui soggetti politici e sociali italiani. Molto conta che le élite politiche abbiano pensato di poter espungere il concetto di guerra dal dibattito pubblico: le missioni sono sempre “di pace”, quando l’Italia bombardò la Serbia parlammo di “operazioni difesa integrata” e anche oggi qualifichiamo gli armamenti che doverosamente inviamo in Ucraina come “sistemi di difesa”.

Insomma, abbiamo disabituato i cittadini italiani a considerare la guerra come una possibilità, a volte come una necessità. E, tra un messaggio demagogico e l’altro, abbiamo mancato di svolgere quella funzione pedagogica essenziale affinché la difesa dei principi liberali e democratici  su cui si fondano la cultura e la prassi occidentali venissero realmente avvertiti e condivisi.

È tardi, certo, ma forse non è troppo tardi. Mario Draghi non lo fece quanto avrebbe dovuto. È nell’interesse politico e nel dovere istituzionale di Giorgia Meloni farsi carico del tentativo di spiegare ad un’opinione pubblica impaurita, preda dall’ansia e comprensibilmente concentrata sulle ricadute economiche negative del conflitto, quale sia davvero la posta in palio.

Perché è vero che quella metà abbondante degli italiani contrari a difendere l’Ucraina è soggetta a spinte diverse, è vero che diversissime sono le spinte ideali e gli interessi materiali che muovono i loro rappresentanti politici e sociali, ma è difficile pensare di poter andare avanti nel doveroso sostegno al popolo ucraino e ai principi liberali e democratici europei ed occidentali cui Vladimir Putin ha dichiarato guerra senza il consenso, almeno, della metà più uno degli elettori e dei corpi sociali che bene o male, e più o meno ipocritamente, li rappresentano.

 

Huffington Post

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