Vita da cani

Vita da cani

Noi italiani, compresi gli stranieri residenti, non raggiungiamo i 60 milioni. Gli animali domestici sono più di 62 milioni. I consumi degli italiani, dopo essere crollati, ripartono a fatica. I consumi degli animali non hanno mai smesso di crescere, con ritmi impressionanti.

Prima di andare oltre, chiarisco: sono un piacere (talora anche un’utilità, ottenni il mio primo gatto grazie a un topo); fanno più che compagnia; li considero educativi per la prole, ove la si induca a prendersene cura. Ma, soprattutto: ciascuno fa quello che gli pare, con i propri soldi. Ma mentre liscio volentieri il pelo di uno di loro, non mi piace farlo con le ipocrisie collettive. E siccome sento ripetere da anni che in Italia si fanno sempre meno figli a causa della crisi, delle ristrettezze economiche, dell’incertezza del futuro e via così lamentando, non solo ricordo che si facevano molti più figli quando si aveva molto meno (specie da perdere o dividere), ma anche che per far mangiare gli animali si spendono, ogni anno, 2 miliardi e 400 milioni, mentre per far mangiare i neonati si spendono 2 miliardi in meno.

Nelle nostre case ci sono 30 milioni di pesci; 13 di uccelli; 8 di gatti; più di 8 di cani; quasi 2 di piccoli mammiferi (tipo conigli, ma non quelli che si mangiano) e anche 1 e mezzo di rettili. Buona parte di questi coabitanti si nutrono di altri animali e chi crede che l’aggressività sia una prerogativa umana non ha mai visto un gatto alle prese con una lucertola (o un gabbiano con un piccione). Attorno a questo mondo cresce un mercato favoloso e una delle nostre ditte più affermate (Monge) è al ventitreesimo posto in classifica mondiale. Possiamo crescere. Mentre le catene dei negozi specializzati aumentano al galoppo punti vendita e fatturato. A quelli che hanno il cane con il cappotto suggerisco una riflessione sulla pelliccia incorporata che si portano dalla nascita, mentre per quelli che li portano in carrozzina vien voglia di chiamare la protezione animali, se non fosse che gli scarrozzati aprono un occhio per scongiurare l’ipotesi qualcuno disveli la natura all’umano di cui sono padroni.

Il loro numero esclude sia un fenomeno di minoranza, ma, per essere precisi: possiedono un animale domestico più di 12 milioni di famiglie, cresciute di 1 milione nell’ultimo anno. Ciascuno si regoli come crede e non faccio il parroco, sicché non sono impegnato sul fronte della riproduzione altrui. Ma questi numeri urlano una realtà sociale, che sarebbe stolto ignorare o nascondere dietro la tanto prevedibile quanto insensata accusa d’avercela con gli animali: il Paese è ricco, molto ricco. E questo è un bene. È anche impegnato più sul lato del consumo che della produzione. E questo non è un bene. Gli animali danno felicità e soddisfazioni, certamente, ma posso assicurare che anche i bambini ci riescono. C’è, però, a parte la prospettiva di usare prima il vasino e poi il water, un altro confine che li divide, inesorabilmente: i primi compiacciono e non comportano responsabilità, i secondi sono soddisfazioni, ma anche doveri e responsabilità. Ai primi si danno con gioia 2 miliardi in più da mangiare, anche perché sicuri che non toglieranno nulla alla nostra libertà di consumatori. I secondi portano con sé, a farla breve, un’obbligazione ventennale a dedicare non solo denaro, ma tempo, vita, libertà di movimento. I primi non minacciano l’illusione dei diritti senza doveri. I secondi hanno i doveri incorporati. Con i primi si può essere bambini a vita. Con i bambini tocca essere adulti.

Un cane che fa le feste è sincero. Un gatto che vuole le coccole è sincero. Del pesce rosso o dell’iguana non vi saprei dire, ma cerchiamo di non essere falsi noi, negando che sono la compagnia senza obblighi. In quei numeri c’è tanto buon sentimento e altrettanto business da festeggiare, ma c’è anche una società disposta a molto, pur di non diventare adulta.

La Ragione

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