Più spazio al cittadino, come sostengono i liberali, e non alle fantasie delle elites

Più spazio al cittadino, come sostengono i liberali, e non alle fantasie delle elites

Dopo il blog “La bancarotta dei liberali” scritto con fantasia da Mattia Feltri, stamani c’è la lettera di Alessandro De Nicola “Il silenzio dei liberali sui diritti” che argina i danni d’impostazione del blog, seppur con troppo cautela. Perciò intendo esprimere anche l’opinione di persona liberale di nome e di comportamenti. Per le quale il liberalismo in chiave storica è un’essenza dell’occidente troppo evaporata e in chiave attuale è la principale terapia per rilanciare, attraverso l’uso della diversità individuale, la capacità di innovare, di produrre e di crescere, insieme garantendo a tutti i cittadini i benefici dei risultati.

Il fantasioso blog “La bancarotta dei liberali”, definendo dirigista il liberalismo di Keynes e liberista quello di Von Hayek, mostra di non avere letto né l’uno né l’altro. E incolpando i liberali italiani ed europei di ogni negatività sorvola sull’ovvio: che nell’ultimo quarto di secolo i liberali sono stati pervicacemente tenuti ai margini dal mondo popolare e da quello democratico. Il mantra del blog sono i pamphlet della pubblicistica conservattrice del dover essere ideologico e religioso, dedita a stuprare il termine liberale per affermare la validità dell’amata concezione di politica quale potere ispirato all’utopia (prono agli interessi dei circoli bene). E che oggi contestano ai liberali la presunta colpa di non difendere il diritto delle convenzioni e dei trattati internazionali come nel caso della Sea Watch, a scapito dell’umanità alle anime belle dell’accoglimento senza se e senza ma. Quando invece i fallimenti del dibattito politico stanno nel rifiuto del metodo sperimentale, strumento che sarebbe assai utile a molti giornali e giornalisti che, coi titoli sulla SeaWatch del fine settimana, pare abbiano voluto portare voti ai sovranisti e populisti.

La lettera di De Nicola risponde con cautela (troppa) a quello che chiama il grido di dolore del blog per il silenzio dei liberali sui diritti. Però fa due notazioni giuste e cardine. Prima che il “buonismo” ha stufato i liberali, i quali si battono per i diritti individuali, ma non per indefiniti diritti collettivi all’accoglienza di massa o per l’incertezza della pena. Impeccabile. E alla fine che i liberali non devono appisolarsi. Perché hanno sempre creduto che Stato di diritto, economia di mercato e diritti individuali fossero fratelli gemelli e non c’è motivo di separarli. Di nuovo impeccabile.

Ma il nodo sta appunto qui. Il blog di Feltri ha parlato di bancarotta dei liberali proprio perché, dietro il riferirsi all’umanità, pratica l’idea di un diritto assoluto stabilito in via utopica dalle elites, che si definiscono competenti e che non ascoltano i cittadini. Questo è un diritto contrapposto al concetto cardine del liberalismo, il conflitto secondo le regole scelte con il voto dagli stessi individui diversi conviventi. La questione è essenziale perché i nodi reali della vita non si sciolgono, tanto meno alla svelta, quando si battono le strade del dover essere e non quelle realistiche (marchio dei liberali) dei meccanismi mirati che i cittadini diversi possono capire per giudicare. Tale rifiuto non è per caso. Non si vogliono tenere i fatti quale metro per sperimentare idee ed iniziative, a causa del voler accontentare i fallimentari gestori dei governi che hanno portato al successo dei giallo verdi in Italia e nella UE alla perdita dell’autosufficienza dell’asse PPE PSE.

In Italia e nell’UE serve dar più spazio al cittadino, come sostengono i liberali, e non alle fantasie interessate delle elites.

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