Masoumeh aveva 14 anni, è stata stuprata e uccisa dai pasdaran

Masoumeh aveva 14 anni, è stata stuprata e uccisa dai pasdaran

Masoumeh aveva 14 anni e viveva in un quartiere povero di Tehran e, quotidianamente, con alcune sue compagne di classe metteva in atto un’azione di disobbedienza civile che consisteva nel togliersi il velo davanti ai ritratti della guida suprema Ali Khamenei e del fondatore della Repubblica islamica, Ruḥollāh Khomeynī, mostrando il dito medio. Le telecamere l’hanno identificata ed è stata arrestata.

Masoumeh aveva detto no all’hijab e manifestava pubblicamente il suo rifiuto di rispettare il codice di abbigliamento islamico postando sui suoi social le foto delle performance messe in atto a scuola con le sue amiche. In queste foto le ragazze erano riprese di spalla con i neri e lucenti capelli sciolti, raccolti in trecce o a coda di cavallo, con l’hijab in una mano e con l’altra mostravano il dito medio.

Le milizie pasdaran l’avevano identificata attraverso le telecamere di videosorveglianza e l’avevano arrestata dopo aver fatto irruzione nella sua scuola. Poco dopo è finita in ospedale per una grave emorragia vaginale, è entrata in coma ed è morta.

“La Repubblica islamica in Iran è come l’Isis”, gridano i manifestanti. Usa la violenza contro le donne, anche adolescenti, per una perversa rieducazione ad una aberrante loro nozione di castità e mettere a tacere le giovani.

In un recente e dettagliato rapporto della CNN, ripreso dal “New York Times”, si descrive la nuova strategia adottata dalle autorità iraniane per imporre il rispetto del rigido codice di abbigliamento femminile dopo il fallimento della cosiddetta “polizia morale” mostratasi del tutto inefficace nella repressione delle donne coraggiosamente in rivolta.

Ora gli agenti della buoncostume sembrano scomparsi dagli angoli delle strade e nella repressione sono impiegate direttamente le guardie rivoluzionarie che dopo segnalazioni e rilevamenti con telecamere di videosorveglianza si recano a casa, nelle scuole e nelle università ad arrestare le ragazze senza velo con l’accusa di “immoralità” per poi aggredirle sessualmente. I rapporti riferiscono testimonianze di una tattica organizzata dello “stupro” praticata dai cosiddetti agenti di sicurezza della Repubblica islamica.

La madre di Masoumeh, che intendeva rivelare l’orrore che aveva vissuto la propria figlia, è scomparsa. Non si ha più notizia di lei.

Riferire sul numero di aggressioni sessuali e confermarle è difficile perché le vittime rimangono in silenzio per vergogna, per paura o per il grave trauma subito. La CNN riferisce che in alcuni casi gli agenti di sicurezza filmano le vittime durante gli stupri per costringerle a rimanere in silenzio.

In questa dettagliata inchiesta vi sono i racconti spaventosi di medici che hanno preso in cura le vittime dello stupro e, coperti, dall’anonimato, hanno svelato orrori indicibili.

Oltre quattro di decenni di propaganda statale nel sistema educativo sarebbero dovuti servire a fare il lavaggio del cervello ai minori condizionandone la formazione. Ma la Repubblica islamica ora si rende conto del suo fallimento e sta ricorrendo ad una vera e propria pratica terroristica ricorrendo a rapimenti, torture, avvelenamenti e stupri, diventati un modus operandi distintivo della pratica di repressione delle rivolte innescate il 16 settembre 2022 dall’uccisione della giovane ragazza curda, Mahsa Amini.

In una sua dichiarazione, l’Unicef ha denunciato le «continue irruzioni e perquisizioni condotte in alcune scuole dell’Iran» e, secondo l’Associazione per la protezione dei bambini con sede a Tehran, almeno 60 minori sono stati uccisi dall’inizio delle proteste. «La Repubblica islamica fa parte di quella manciata di paesi che ancora giustiziano i minorenni, quindi non sorprende che stia ricorrendo a uccisioni e torture per reprimere il dissenso, la libertà di parola e la libertà di pensiero anche dei bambini».

Masoumeh non è stata l’unica ragazza ad aver subito questa atroce violenza che l’ha condotta alla morte. A Karaj una ragazza di 20 anni è stata arrestata con l’accusa di aver guidato le proteste e poi rilasciata dal centro di detenzione. I medici che l’avevano presa in cura hanno raccontato in anonimato che “la giovanissima donna era giunta in ospedale con i capelli rasati, con le gambe che le tremavano e con l’ano lacerato”. Dopo le cure mediche era stata di nuova tradotta in carcere e nulla si è più saputo di lei.

Nell’agosto del 2021 il presidente Ebrahim Raisi aveva inasprito la legge sull’hijab, imponendo un codice di abbigliamento più rigido e accaniti pedinamenti per farlo rispettare. La polizia morale aveva installato telecamere di videosorveglianza nei pressi di scuole, università e uffici e ad ogni angolo di piazze e strade. Ora le telecamere sono presenti anche nelle aule delle scuole di ogni ordine e grado.

Ricordiamo il caso di Nika Shakarami, una ragazza di 16 anni che nell’ottobre scorso diede fuoco al suo chador. Nika amava cantare in pubblico a capo scoperto. Fu arrestata. Dopo qualche giorno, le autorità della Repubblica islamica annunciarono la sua morte che sarebbe avvenuta a causa di un incidente. Ma l’autopsia ha invece accertato la vera causa del suo decesso: il suo bacino, il suo cranio, le sue braccia, le sue gambe erano completamente fratturate.

Nima Nouri, aveva 17 anni, è stato assassinato a Karaj dalle milizie pasdaran che gli avevano sparato due colpi di arma da fuoco. Due mesi prima della sua uccisione aveva pubblicato un messaggio su Instagram in cui lanciava un appello chiedendo di unirsi alle manifestazioni: “Sono pronto a sacrificare la mia vita per questo”, aveva scritto.

I genitori di Nima hanno commemorato la morte del loro figliolo liberando colombe bianche sulla sua tomba. Sua madre urlava il suo nome, suo padre si colpiva in testa come se avesse voluto inveire contro colui che aveva ucciso il figlio.

L’organizzazione umanitaria curda Hengaw documenta gli orrori che avvengono nelle carceri iraniane dove sono rinchiusi anche minori. In una di queste, trenta ragazze minorenni sono state messe in una cella che poteva contenere al massimo cinque persone ed erano sotto il controllo di carcerieri maschi. Erano tutte accusate di aver bruciato il loro velo e di aver insultato la guida Suprema Ali Khamenei. Queste giovanissime ragazze alle quali sono state negate le cure mediche necessarie, sono state rinchiuse in celle senza servizi igienici e lavabi, senza cibo, senza acqua, esposti al freddo e in isolamento prolungato.

 

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