Luigi Einaudi e la gioia della civiltà liberale, del confronto e delle idee diverse

Luigi Einaudi e la gioia della civiltà liberale, del confronto e delle idee diverse

Perché non possiamo non dirci einaudiani nella nuova stagione fanatica del twittarolismo aggressivo

Dal discorso di investitura di Luigi Einaudi alla presidenza della Repubblica, ecco un brano letto da Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, durante una commemorazione einaudiana: “Nelle vostre discussioni, signori del Parlamento, è la vita vera, la vita medesima delle istituzioni che ci siamo liberamente date. E se v’ha una ragione di rimpianto nel separarmi per vostra volontà da voi è questa: di non poter più partecipare ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune, e di non poter più sentire la gioia, una delle più pure che cuore umano possa provare, di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui a confessare a sé stessi di avere in tutto o in parte torto. E di accettare, facendola propria, l’opinione di uomini più saggi di noi”.

E’ un brano meraviglioso, un reperto della civiltà liberale oramai in via di estinzione, schiacciato dalla nuova intolleranza, dall’incapacità di discutere, dalla refrattarietà al metodo del libero conflitto delle idee. La grandezza dell’”essere costretti dalle argomentazioni altrui a confessare a sé stessi di avere in tutto o in parte torto” è letteralmente incomprensibile nella nuova stagione fanatica e ignorante del twittarolismo aggressivo surrogato della discussione, nell’insofferenza per il dissenso, per il pensiero divergente, per l’opinione anche terribilmente sgradevole, per l’integralismo che sostituisce il confronto delle idee con il coro dell’indignazione e che demonizza chi non la pensa come noi e ne teme l’infezione morale. Ecco perché bisogna essere orgogliosi del grande liberale che Einaudi è stato. E perché non possiamo non dirci einaudiani. Nel senso di Luigi.

di Pierluigi Battista – huffingtonpost.it

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