Libertà svelata

Libertà svelata

Non si fanno ammazzare per potere scoprire una ciocca di capelli. Accettano di mettere in gioco la propria vita pur di non rinunciare a quel che dalla vita non è separabile: la libertà. Compresa quella, per noi banale e per loro epocale, di scoprire una ciocca di capelli. Aggredendo l’Ucraina il criminale Putin ha aggredito il mondo libero, le democrazie, l’ordine mondiale. Non abbiamo altra scelta che essere dalla parte degli ucraini, perché loro sono parte stessa di noi. Arrestando, torturando, aprendo il fuoco contro chi non rinuncia alla libertà la teocrazia iraniana aggredisce l’umanità stessa.

Se scegliessimo di guardare altrove, di solidarizzare in modo distratto, se fossimo incapaci di cogliere il valore ideale di quello scontro, dimostreremmo di non capire che si sta reprimendo non la libertà di alcuni, ma quella di tutti. Perché la libertà è universale. Può essere conculcata con la violenza, ma è peggio se viene abbandonata. Se abbandonassimo gli iraniani in rivolta abbandoneremmo noi stessi.

Poi, certo, c’è da usare il realismo, da considerare gli equilibri dell’area e non ultimi quelli interni al mondo islamico. Considerate anche queste cose si aggiunge che la dittatura teocratica non si limita ad affliggere il proprio popolo, ma si propone di cancellare Israele dalla carta geografica, insegue l’arma atomica e fornisce droni assassini all’armata russa. Peggio, quindi.

Un buon numero di persone, fra noi occidentali, fra noi che viviamo nella parte più ricca e libera del mondo, ha preso gusto nel considerarci colpevoli di tutto. Siamo colpevoli per il passato, come se avessimo inventato il colonialismo e lo schiavismo (semmai abbiamo creato le istituzioni che li combattono). Siamo colpevoli se portiamo le nostre armi a presidio della convivenza, ma siamo colpevoli anche se le ritiriamo. Siamo colpevoli se in Afghanistan imponiamo il rispetto delle donne e siamo colpevoli se smettiamo di farlo. Siamo colpevoli per come parliamo, per il vocabolario che usiamo, per le continue offese che arrechiamo a tante sensibilità che abbiamo anche la colpa di non sapere o anche solo immaginare che potessero esistere.

E mentre questo circo della colpa manda in pista i numeri più avvincenti e divertenti, finiamo con il macchiarci della colpa più seria: non accorgersi che tutti gli uomini liberi vorrebbero vivere come da noi. Perché nella nostra fortunata e preziosa imperfezione, nel nostro non cedere all’incubo dei sistemi perfetti, sta il nostro essere migliori.

Fra noi ci sono quelli che pur di non fare i conti con il padre che hanno sono pronti a innamorarsi e difendere lo zio pazzo e assassino, che ci descrive come tutti in preda alla lussuria omosessuale. Che se fosse vero sarebbe anche sollazzevole, non fosse che l’accusa stessa, nella sua strampalata minchioneria, è segno di un onanismo dittatoriale incapace di giungere ad altro compimento che non sia la distruzione di quelli che si invidiano.

Fra noi ci sono quelli che al sorgere di qualsiasi integralismo sono già pronti a descriversi come soccombenti, sopraffatti, perdenti. Ma guardate in giro per il mondo, osservate le brache dei giovani, orecchiate quel che hanno in cuffia, osservate quel che guardano negli smartphone (e lo smartphone): è il nostro modello ad attrarre. A qualcuno ricorderà l’“omologazione” di pasoliniana memoria, a me ricorda che il costume della libertà globale è migliore della miseria autarchica.

Non possiamo dichiarare guerra alle ingiustizie del mondo. Sarebbe già apprezzabile cancellassimo le nostre. Non siamo colpevoli per ogni libertà negata, da altri. Lo saremmo se ne ce dimenticassimo, se considerassimo un “popolo” inadatto alla libertà o meno afflitto dal dispotismo. Anche perché useremmo “popolo” per imbrogliarci, visto che si tratta di “individui” e nessuno, di qualsiasi fede, può mai rinunciare alla libertà.

In Ucraina ci stanno sparando. Ci stanno sparando anche in Iran. Non c’è nulla da rispettare in chi spara contro la libertà. Ma è deprecabile anche chi non lo condanna.

 

La Ragione

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