LiberaLibri 2021: Semplicemente, Amore di Sara Garino

LiberaLibri 2021: Semplicemente, Amore di Sara Garino

La Fondazione Luigi Einaudi chiude la sua rubrica LiberaLibri 2021, nell’ambito dell’iniziativa nazionale “Il Maggio dei Libri”, con la produzione di un contributo inedito di Sara Garino, anche questo volto a ricordare l’opera del sommo poeta, e soprattutto il messaggio immortale. Un messaggio di Amore: divino e umano, umano e divino, partecipe della divinità dello spirito nell’umanità della materia. Abbiamo inteso fornire una nostra chiave di lettura, ovviamente liberale, che metta in luce quanto le declinazioni di questo sentimento sublime abbraccino non solo le vite dei singoli ma, attraverso di esse, quelle di Popoli e Nazioni. Amare qualcuno va oltre amare se stessi. Significa mettere da parte il proprio ego e guardare con prospettiva più ampia, perseguendo il Bene comune oltre al proprio. Metà di un unicuum, parti di un tutto o Cittadini di una Patria, ognuno sospinto dall’einaudiana “bellezza della lotta” che, direbbe Dante, “già volgeva il mio desio e’l velle”: verso un ideale da costruire, con passione, giorno dopo giorno.

 

 

Semplicemente, Amore.

Chi e che cosa sia Amore l’umanità se lo chiede dalla notte dei tempi. Tra l’altro, la domanda suona sensibilmente simile al “perché si esista” e “quale sia il senso della nostra Vita sulla Terra”.

L’Amore è energia? Se sì, sicuramente sì, allora non esiste frizione o antitesi fra le varie possibili risposte a questi quesiti. Quell’ “Amor che move il sole e l’altre stelle” mirabilmente cantato dall’Alighieri si esplica e opera attraverso l’esplosione di energia del Big Bang, generando dal seme infinitamente piccolo dell’inizio (un inizio addirittura singolare) l’infinitamente grande del fiat Lux.

Non c’è divisione, non c’è separazione. Perché la Scienza non può regredire a prima di 10^-43 secondi dopo il Big Bang. Uno zero seguito da 42 altri zeri dopo la virgola, prima di trovare finalmente un uno. Meno di un attimo, un niente diremmo oggi, eppure un lasso di tempo che rappresentava tutto, quando il tempo ancora non esisteva. Come i sussurri e i sospiri degli innamorati, sospesi in una dimensione temporale troppo breve affinchè per Loro sia abbastanza. “Paion sì al vento esser leggeri”, scrive Dante a proposito di Paolo e Francesca, coloro che “quali colombe dal disio chiamate, con l’ali alzate e ferme al dolce nido, vegnon per l’aere dal voler portate”. Vengono, sospinte da una forza che non è solo quella dei loro corpi, non è solo Eros. Sono Eros e Agape, l’Amare qualcuno e il Volere il Bene di qualcuno.

Per tre volte il Sommo Poeta riafferma tutta la portata di “quello Amor che i mena”, per tre volte quasi a sottolineare l’aura sacrale di una trinità che è anche profondamente umana, umanissima. È così l’ “Amor  ch’al cor gentil ratto s’apprende”, acceso dalla scintilla che solo i cuori nobili sanno instillare, nei cuori nobili. Quei cuori a cui “Amor ch’a nullo amato amar perdona”, perché nella sua essenza più autentica non si conosce né possiede sentimento diverso da quello a propria volta donato. Dando tutto di sè, dando anche se stessi, fino al punto di sacrificarsi per “rendere sacro” chi e che cosa si ama: “Amor condusse noi ad una morte”, che per i due innamorati galeotti diventa la celebrazione del loro legame immortale.

Impossibile a definirsi, l’Amore! È un impeto, un movimento dello spirito che muove dall’uomo verso l’uomo, o forse dall’uomo verso Dio, o forse ancora da Dio verso l’uomo, per il suo essere un dono celeste disceso dall’imperscrutabilità di dove “si puote ciò che si vuole”. Un “intelligent design”, va di moda dire oggi nella lingua di Albione, che diventa “emotional design”. Non serve domandare o ragionarne oltre: l’Amore non si comprende con la mente, ma si vive con il cuore. Solo il cuore è capace di vedere le cose essenziali, quelle che risultano invisibili allo sguardo meccanico degli occhi. Sfiorando una rosa con dita desiose, è il tempo che dedichiamo per prendercene cura a fare di Essa una presenza importante: di Essa in quanto rosa ci occupiamo e preoccupiamo, non della turgidità dei Suoi petali.

E quando l’ “Amor che ne la mente mi ragiona” pervade a tal punto i cuori da identificare tutto con l’Altro, e l’Altro con tutto, allora e solo allora il convivio dell’Alighieri si fonde col simposio di Platone, e nelle due metà finalmente ricongiunte di un solo essere androgino si realizzano la pienezza della vita, e il suo significato più profondo. Emoziona l’Amore, sì, emoziona: nel senso letterale di muovere il sangue, nel senso di muovere noi, e tutte le azioni che compiamo nel corso della giornata, verso ciò che siamo e vogliamo essere. “Essendo” i nostri sogni, e non limitandosi semplicemente a realizzarli.

Fucina di moto, fucina di immoto: è anche di ansie e sospetti fabbro, l’Amore. Eppure di esso non si può dubitare: si può dubitare che le stelle siano fuoco, che il Sole si muova oppure che la verità sia mentitrice, ma non dell’Amore, dell’Amore vero, per Dante “unimento spirituale de l’anima e de la cosa amata”. Un nodo che unisce, non lega. Una voce che ascolta, non parla. Tre fiammiferi, tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte: il primo per vedersi il viso, il secondo per guardarsi negli occhi, l’ultimo per osservare la bocca. E poi l’oscurità intera, per ricordare queste fiammelle stringendosi fra le braccia.

È luce l’Amore, illumina, sbaraglia via le tenebre della caverna dove l’animo degli uomini è zavorrato, e dove non solo il loro Bene di singoli ma anche quello collettivo – la cosa pubblica – sono minacciati dalle tenebre, che fanno morire la democrazia. Scegliere consapevolmente di Amare significa saperlo, significa accettare con intelligenza, vigore ed energia le sfide che la vita pone in essere, lungo quei sentieri – a tratti piani, a volte scoscesi ­ – che si tracciano solo camminandovi.

Non esiste “folle volo” a cui Amore non sappia mettere le ali, né scintilla più dirompente che abbia “i cuori accesi”. Come figli delle stelle, dall’energia pura discendiamo, e all’energia pura siamo destinati. “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”: sì, perché anche per Amare, e soprattutto per deliberare di Amare (in ogni senso e in ogni modo possibile) serve Conoscere.

Il resto sono solo prediche inutili.

Sara Garino

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