Le diseguaglianze sono create dallo stato

Sentiamo ripetere dalla sinistra italiana e dai sindacati da molti anni, e adesso dal governo, che in Italia c’è un cronico problema di disuguaglianze. Genericamente tra ricchi e poveri. L’obiettivo di questa litania anti-capitalistica stantia serve ai fautori del”+ Stato!” per legittimare un maggior intervento redistributivo in Italia, dove lo Stato con le sue innumerevoli articolazioni già intermedia il 60% dell’economia, con i risultati fallimentari che sono sotto gli occhi di tutti. La realtà dei numeri ci dice che il nemico da combattere non sono le disuguaglianze di cui parlano questi signori. La pandemia ha reso palese la nuova tragica spaccatura nella società, che è quella che ha contrapposto, a colpi di Dpcm, coloro che hanno mantenuto integro e garantito il proprio reddito pubblico e tutti gli altri. Contro le banalità del mainstream politico bisogna far valere alcuni dati. Nell’ulti mo ventennio la spesa pubblica, al netto dell’inflazione e rispetto al Pil, non è mai calata. È enormemente cresciuta la spesa per trasferimenti ( dal 38,9 al 44,1 % della spesa del settore pubblico allargato, in un raffronto tra 2000 e 2018), soldi, cioè, messi in mano ai destinatari in modo diretto. Lo Stato ha poi trasferito alle autonomie locali la gestione di servizi attraverso società partecipate o controllate, occultando sacche di clientelismo, consulenze invisibili, sprechi. L’unico settore che è stato sacrificato è quello di cui gli statalisti si lamentano, ipocritamente, di più: istruzione, ricerca, infrastrutture, viabilità, giustizia. Comparti e spese necessarie dove perfino un liberista riconosce debba esercitarsi il ruolo di uno Stato minimo, ma efficiente. Questo capitolo (investimenti pubblici in conto capitale) si è dimezzato (dal 13,6%, già ba sso, del 2000 ali’ attuale 7,65%). La spesa pubblica complessiva sul Pil in Italia è di contro passata dal 53,26% del 2000 al 58,90% del 2018. Un’enormità se si tiene conto che, nello stesso periodo, il Pil è cresciuto in termini reali di appena 1’8,3%. Ad un esame più analitico, si osserva – nello stesso periodo – un enorme aumento di spesa, soprattutto per acquisti di beni e servizi (+54% reale) mentre le spese in conto capitale, che – insieme agli investimenti privati – sono le uniche capaci di generare Pil, sono scese di oltre il 21 % reale. Unaltra scoperta amara è la differenza tra spesa della P A in senso stretto e quella allargata a tutto il carrozzone del famoso stato imprenditore (partecipate, controllate, municipalizzate, consorzi ecc ecc). Questa differenza, che ammontava a circa 90 miliardi nel 2000, è salita a 188 miliardi nel 2018! Da questi dati emerge come la bulimia statalista abbia fagocitato il 60% del Pii lasciando al contempo cadere a pezzi scuole, ponti, infrastrutture, ricerca e facendoci vergognare per la mondezza di Roma, i tram che prendono fuoco o i tribunali che non emettono sentenze per 10 anni. Lo Stato non deve fare limprenditore, ma garantire i servizi necessari. Il contrario di quel che si è fatto e di quel che sta facendo questo governo , anziché detassare la geniale creatività imprenditoriale degli italiani, che infatti vanno via.

Pubblicato da Libero, edizione del 31.07.2020

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