“Scuola digitale: il valore imprescindibile di carta e penna”: l’importanza dei metodi di lettura e scrittura “tradizionali”

“Scuola digitale: il valore imprescindibile di carta e penna”: l’importanza dei metodi di lettura e scrittura “tradizionali”

La digitalizzazione ha garantito la continuità della formazione scolastica anche durante il periodo pandemico (con tutti i limiti del caso): ogni giorno gli strumenti digitali offrono sempre più opportunità, contribuendo a facilitare le nostre vite, incluso lo studio ma anche il lavoro. Ma dietro all’uso massivo dei mezzi digitali può nascondersi il pericolo di perdere “dimestichezza” con carta e penna, due strumenti che sembrano “vetusti”, ma che invece svolgono ancora oggi un’importanza fondamentale nei processi di apprendimento. È stato proprio questo il tema affrontato durante il convegno “Scuola digitale: il valore imprescindibile di carta e penna”, organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi, che si è svolto oggi nella Sala Zuccari del Senato, e che ha visto la partecipazione di Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research (che ha presentato un sondaggio sul tema), Maria Teresa Morasso, grafologa, Massimo Ammaniti, psicoanalista, Sergio Russo, insegnante, e Martina Colasante, public policy manager di Google.

Durante il meeting il Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini, ha presentato il paper “Il valore imprescindibile di carta e penna”, promosso dalla stessa Fondazione, che ha presentato le principali ricerche internazionali sul tema, da cui emerge un dato incontrovertibile: eliminare carta e penna dal sistema scolastico danneggerebbe le capacità cognitive dei giovani. “Cuore del pensiero einaudiano è la centralità della persona: la politica deve limitarsi a creare le condizioni affinché ciascuna persona possa sviluppare al massimo le proprie potenzialità”, ha spiegato Cangini. “Far sparire carta e penna dall’orizzonte umano, e soprattutto dal perimetro dell’Istruzione, significherebbe comprimere le potenzialità dell’individuo. La nostra ricerca – sottolinea – dimostra inequivocabilmente che la scrittura a mano e la lettura su carta stimolano il cervello e mettono in moto meccanismi neurologici che gli strumenti digitali non sollecitano: farne a meno significherebbe arrecare un danno irreparabile a ciascun singolo individuo, e dunque alla società nel suo complesso”, ha concluso.

Tra gli studi riportati dalla Fondazione emerge, ad esempio, una ricerca realizzata dalla professoressa Virginia Berninger dell’Università di Washington, che dimostra che “in termini di costruzione del pensiero e delle idee, c’è un rapporto importante tra cervello e mano”. È infatti la mano che plasma il cervello e “sarebbe un errore derubricare a mera questione di gusto la scelta di scrivere digitando le lettere su una tastiera rispetto al gesto grafico della mano su carta”. Scrivere su carta o su uno schermo, quindi, non è per niente una “scelta neutrale“: la scrittura a mano, si legge sempre nello studio, crea infatti moltissima attività nelle parti sensomotorie del cervello e gran parte dei nostri sensi si attivano proprio attraverso gesti come la pressione della penna sulla carta, la visualizzazione delle lettere scritte e l’ascolto del suono che si produce mentre si scrive. Queste esperienze sensoriali diverse – che non possiamo riprodurre con gli strumenti digitali – creano contatto tra le diverse parti del cervello, spingendolo all’apprendimento.

Un altro studio presentato, dal titolo The Impact of Computer Usage on Academic Performance: Evidence from a Randomized Trial at the United States Military Academy, condotto nell’Accademia militare di West Point su un campione di 50 classi di studenti (ad alcuni di loro erano stati forniti solo device digitali, ad altri solo carta e penna), ha dimostrato che al termine del semestre gli studenti che avevano utilizzato i metodi “tradizionali” avevano ottenuto risultati migliori (del 20%) rispetto agli altri. Un tema, quello dell’importanza della scrittura e della lettura “tradizionali“, che è stato sostenuto anche dal sondaggio presentato da Euromedia Research, in cui l’87,1% degli intervistati si è infatti detto d’accordo sull’idea di preservare e valorizzare nella scuola, soprattutto primaria, la lettura su carta e la scrittura a mano. Solo il 14,3% infatti ritiene sia importante che un bambino, nel corso degli anni scolastici, impari prevalentemente a leggere e scrivere utilizzando strumenti digitali (anche se bisogna sottolineare che il 64,5% si è dichiarato a favore dell’utilizzo dei device in ambito scolastico). E riguardo invece alle abitudini di scrittura, l’85,1% degli intervistati ha dichiarato di ricordare e capire meglio prendendo appunti a mano.

Durante l’incontro in Senato è intervenuto anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha dichiarato che “La rete non può né deve spazzare via la carta e la penna perché lettura su carta e scrittura a mano sono insostituibili. L’apprendimento attraverso i libri non è rimuovibile dal sistema dell’istruzione”. “La conoscenza, soprattutto nei primi anni di vita, – ha continuato Valditara – passa attraverso la sollecitazione di tutti e cinque i sensi”. “Sollecitare solo la vista, come avviene con il digitale, impedirebbe lo sviluppo armonico e completo della persona. Il digitale non è rinunciabile, ma va governato”, ha chiarito il ministro, che ha aggiunto che “alla logica dell’aut-aut preferisco la logica dell’et-et: valorizzare al massimo entrambe le opportunità”.

Il Fatto Quotidiano

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