I danni economici (oltre che ambientali) dell’abusivismo

I danni economici (oltre che ambientali) dell’abusivismo

Come sempre accade in occasione di un terremoto o di un’altra calamità naturale, l’Italia scopre di avere un assetto idrogeologico deplorevole, che la gran parte dei propri immobili non a norma rispetto alle regole di costruzione antisismiche ed una fetta notevole di case, villette, palazzetti sono abusivi.

Ischia, che ha subito danni superiori a quelli che sarebbe stato lecito aspettarsi per una scossa di valore 4 della scala Richter, risulta essere una sorta di paradiso del mattone illegale.

Su una popolazione di 65mila abitanti ci sono 27mila domande di condono ed è probabile che vi siano altri abusi edilizi del tutto sommersi. I numeri dell’illegalità immobiliare italiana sono impressionanti e sono stati già ricordati da numerosi quotidiani. Basti qui ricordare il dato generale di 1.200.000 immobili abusivi e la perdurante capacità dei palazzinari di costruirne migliaia ogni anno.

Abusivismo, gli impresentabili, gli equilibristi e i rigoristi

Naturalmente, come su ogni argomento, si contrappongono varie fazioni.

Quella ” impresentabile”, chiamiamola così, sotto più o meno mentite spoglie propone un bel condono generalizzato e chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto.

Ci sono poi gli “equilibristi” che parlano di abusi di necessità, sanatorie condizionate a ristrutturazioni, un ecomostro abbattuto di qui, una villetta perdonata di là. Non mancano i rigoristi che vorrebbero procedere con le ruspe ad ogni violazione del piano regolatore.

Il danno economico dell’abusivismo

I guai dell’abusivismo sono di varia natura: paesaggistica, idrogeologica, di sicurezza, ecologica. C’è un altro aspetto, tuttavia, che viene ignorato ed è quello del danno economico causato dagli immobili non in regola. Non si tratta solo dell’evasione fiscale (su cui torneremo) ma della vera e propria sottrazione di ricchezza all’intera economia.

Andiamo con ordine. Nel 2000 l’economista peruviano Hernando de Soto pubblicò un libro che ebbe e continua ad avere risonanza mondiale, The Mystery of Capital.

La tesi fondamentale del libro, che riprendeva precedenti scritti dello studioso, era che l’Occidente era diventato prosperoso grazie alla Rule of Law, il principio di legalità o, se preferite, lo Stato di diritto.

Un aspetto particolare della Rule of Law è stato l’emersione della proprietà immobiliare e l’accatastamento in pubblici registri di case e terreni.

Perché questa certezza della proprietà era importante? Perché faceva emergere e quindi immetteva nel circuito economico dei beni altrimenti invisibili.

Gli esempi, riferiti al suo Perù, erano semplici e convincenti: non si poteva dire che i milioni di casette e palazzine abusive in cui vivevano i peruviani non avessero valore economico, ma esse erano inutilizzabili. Ad esempio, se qualcuno voleva iniziare un’attività imprenditoriale non avrebbe mai potuto ottenere un prestito da una banca dando in garanzia un’abitazione legalmente inesistente.

Gli scambi stessi erano insicuri: come succede anche in Italia, le compravendite di immobili non accatastati sono nulle e quindi il passaggio di mano diventa difficoltoso, con alti costi di transazione per ottenere garanzie informali e, ovviamente, senza poter far ricorso a mutui ipotecari.

Servitù, usufrutto, uso: tutti i diritti reali che sono conosciuti ed utilizzati fin dai tempi dei praetores romani, non sono a disposizione in tali situazioni.

Nei frangenti più complessi l’illegalità violenta approfitta dell’illegalità documentale, con occupazioni ed espropri che non possono essere impediti dall’ordinamento giuridico.

Inoltre, l’inesistenza giuridica degli immobili priva il proprietario di allacciamenti alle reti idriche o elettriche, con rimedi che vanno dal semplice furto al fai- da- te, a rischio di pompare acqua inquinata per il rubinetto di casa.

Il furto si accompagna al problema dell’evasione fiscale generata sia in fase di edificazione (difficilmente geometri e imprese edilizie faranno fattura per abitazioni abusive ed in più non vengono pagati gli oneri di costruzione) che successivamente rispetto al pagamento di tasse comunali.

L’evasione di necessità

Ora, conosco bene l’obiezione che viene sollevata rispetto a questa “evasione di necessità”: se lo Stato prendesse quei soldi li utilizzerebbe peggio dei privati e non diminuirebbe le altre imposte, ma aumenterebbe la spesa.

C’è del vero, così come è molto probabile che alcune violazioni siano incoraggiate da regolamenti urbanistici assurdamente restrittivi (di qui il successo del famoso slogan elettorale ” padroni a casa nostra”). Inoltre è veramente difficile fidarsi anche dei proclami di un governo che prometta di restituire automaticamente in minori tasse quanto viene recuperato: promessa già fatta e non mantenuta.

Quindi, dato per acquisito che il problema dell’abusivismo dovrebbe essere messo in cima all’agenda di politica economica, cominciando ad esempio a rendere chiaro al paese che danni provocati da cataclismi naturali ad immobili illegali non verranno mai risarciti dallo Stato, d’altra parte il primo passo, rappresentato da una riduzione fiscale generalizzata preventiva e non solo eventuale, deve essere compiuto dal governo.

I mezzi tecnologici per scoprire case e capannoni fantasmi ci sono; le ruspe per abbattere eco- mostri e mostriciattoli che violano le regole paesaggistiche, di prevenzione idrogeologica o di preservazione dei beni culturali, si possono azionare.

Ma un modo affinché questo patrimonio nascosto del paese non solo non venga aumentato, ma possa entrare nel circuito legale dell’economia, bisogna trovarlo. [spacer height=”20px”]

Alessandro De Nicola La Repubblica 28 agosto 2017

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