Dobbiamo proteggere le medie imprese

Dobbiamo proteggere le medie imprese

La scarsa tutela della proprietà è una delle ragioni per cui facciamo fatica a fare innovazione e quindi a competere nel contesto sempre più complesso del mercato globale. Gli ultimi governi hanno fatto molto sul piano legislativo con una serie di interventi normativi importanti come il patent box. Purtroppo non se ne registrano ancora i risultati. L’Indice Internazionale per i Diritti di Proprietà 2016 che viene presentato quest’oggi, e che La Stampa ha visionato in esclusiva, infatti vede l’Italia al 51° posto su 128 paesi. Recuperiamo si una posizione rispetto al 2015 ma ne perdiamo 10 rispetto al 2014.

L’Indice, che classifica i paesi in base al grado di tutela della proprietà fisica ed intellettuale, evidenzia il legame che esiste tra questa e la capacità di produrre innovazione e quindi crescita economica. Da sempre primi in classifica per innovazione sono i paesi che più tutelano come Svizzera, Svezia, Lussemburgo, Finlandia e Hong Kong, per citarne alcuni. Questa è la dimostrazione che il quadro normativo, pur competitivo, da solo non basta se non è accompagnato da politiche di controllo e di prevenzione come nel caso della contraffazione che penalizza fortemente le imprese italiane.

Secondo il CENSIS, nel 2012 il fatturato illecito derivante dalla contraffazione era pari a 6,5 miliardi di euro. I settori più colpiti risultano essere quelli tradizionalmente del Made in Italy, ovvero dell’abbigliamento e degli accessori, il settore alimentare, ma anche quello della manifattura. I prodotti così detti innovativi, o ad alto valore intellettuale o tecnologico, o anche i griffati, sono sempre più progettati, realizzati ed offerti ovunque sul mercato globale. In questo contesto, nonostante gli sforzi della UE e delle apposite agenzie internazionali, non si è evoluta un’adeguata regolamentazione per tutelare anche le piccole e medie imprese (PMI) o le start-up che a differenza delle grandi multinazionali non possono contare su risorse economiche e manageriali adeguate per brevettare, proteggere e valorizzare prodotti e servizi. Le PMI sono il motore della nostra economia. Esse immettono nel mercato prodotti unici nella manifattura, nella moda e nell’alimentare che per essere competitivi devono essere valorizzati e tutelati.

Tuttavia il Made in Italy è un concetto in continua evoluzione poiché sempre più imprese, anche di piccole dimensioni, dopo aver dislocato i processi produttivi provano oggi a delocalizzare anche le attività organizzative e finanziarie. Ciò significa regole nuove ma anche la diffusione di una cultura burocratica e manageriale adeguata che riconosce, protegge e valorizza quanto prodotto dalla creatività imprenditoriale ed industriale.

La Gran Bretagna ad esempio, ha attratto le multinazionali del farmaco perché ha combinato in un ecosistema energico le giuste regole, la semplicità dei processi burocratici (registrazione di marchi e brevetti), una cultura manageriale propensa a valorizzare quanto prodotto, e soprattutto ha saputo comunicare i propri valori fornendo anche i giusti incentivi.  In altri paesi, si pensi alla Germania e ai paesi scandinavi, si accompagnano le proprie imprese sul mercato estero per proteggerne i prodotti. Quante imprese italiane sono oggi abbandonate al loro destino appena valicano i confini nazionali?

Pietro Paganini, La Stampa del 10 agosto 2015

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