Discorso d’insediamento del Presidente Giuseppe Benedetto del 3 febbraio 2016

Discorso d’insediamento del Presidente Giuseppe Benedetto del 3 febbraio 2016

Dare una risposta e formulare delle proposte in chiave liberale relativamente alle complesse e articolate questioni che la società globalizzata pone oggi al cittadino e agli Stati.

Lo Stato, in una visione liberale della società, non è e non può essere il problema. Lo Stato regolatore di conflitti e superatore di squilibri è lo Stato liberale. Cessa di esserlo quando si fa invadente e onnipresente, quando da tassatore si trasforma ed evolve in vessatore.

In questo Stato liberale non può non esserci una posizione di equilibrio tra il cosiddetto Stato minimo (peraltro inesistente in natura) e lo Stato moloch delle mille municipalizzate. Oggi lo Stato italiano ha bisogno di un grande, immenso, sfoltimento e snellimento di pesi e sovrastrutture, retaggio del più misero e becero statalismo. Nel contempo ha necessità di scendere in guerra. Noi, pacifisti per indole e inclinazioni culturali, intendiamo dichiarare guerra a quella che appare l’invincibile armata della burocrazia italiana (nelle sue varie, fagocitanti, versioni e declinazioni). Anche in questo caso lo faremo con le armi della ragione e con quelle della nostra cultura politica.

Nello Stato liberale non può esserci una risposta univoca ed estremizzante a problematiche complesse come quella, ad esempio, delle migrazioni. Tra le ruspe e il gruppo di studenti dell’Ohio (quelli che contestano il cibo della mensa perchè non è politicamente corretto, nel senso che non viene cucinato secondo i dettami della singola etnia), non può non esserci una risposta che si avvalga di una materia che appare in via di esaurimento: la ragione. Noi liberali, per cui l’immigrazione e la relativa integrazione possono rappresentare valori e ricchezza per una società, condividiamo quanto scriveva Galli della Loggia qualche giorno fa, quando osservava che l’integrazione è integrazione in una determinata cultura e che il cosiddetto multiculturalismo è praticato nell’isola che non c’è. Ecco, siamo d’accordo con lui. Come vedete c’è una posizione ragionevole e non ideologizzata e ideologizzante anche ad un problema così complesso.

Vogliamo intervenire a piedi uniti sulla Giustizia, in particolare modo su quella penale. Si può e si deve dire in questo Paese che fin quando il rito accusatorio del vigente processo penale non troverà il suo logico, direi ineluttabile, compimento, con la separazione delle carriere tra chi giudica e chi deve sostenere l’accusa per conto dello Stato, il cittadino non è un uomo con tutti i suoi sacrosanti diritti tutelati. Non facciamo le anime belle raccontandoci che l’emergenza è la giustizia civile e che se non risolviamo quella in Italia non arrivano investitori. È senz’altro vero. Ma è ancor più vero (chiedere per conferme a Silvio Scaglia e ai mille altri che hanno percorso il suo calvario) affermare che il problema prioritario é quello di una giustizia penale in corto circuito prolungato. E se questo lo sostengono i liberali, quelli einaudiani, malagodiani e, perchè no, spadoliniani, è difficile sostenere che lo fanno per difendere questo o quel personaggio della politique politicienne.

E ancora, quanto all’ambiente e a quel dicastero il cui atto di nascita porta la firma di Valerio Zanone, permetteteci, e se non ce lo permetterete lo faremo ugualmente, di sostenere che forse tra difesa dell’ambiente, sviluppo sostenibile e ricerca sugli OGM per migliorare la qualità della vita, non può e non deve esserci antinomia. Corre un mondo di mezzo che ci appartiene. Anche qui la ragione deve combattere l’ideologia e qualche volta l’idiozia. Ha senso sostenere una lotta senza quartiere agli OGM di cui ci nutriamo da decenni, senza porci grandi e irrisolte questioni quali la fame vera nel e del mondo e la ricerca che deve andare avanti nel rispetto dell’uomo, in ogni senso ?

Ancora, dire diritti civili è parlare di liberalismo, di conquiste liberali. Per noi liberali non è possibile conculcare diritti inviolabili della persona, per un bene “superiore” della religione, della società o dello Stato. Le coscienze sono inviolabili, come e quanto il corpo umano. Su questi principi sono nate e si sono sviluppate le grandi democrazie liberali e sul tema troppe nubi scrutiamo all’orizzonte per non essere preoccupati e non doverci organizzare per rappresentare un presidio di civiltà e di libertà.

Se qualcuno di voi a questo punto pensasse “ma questi sono sempre per il compromesso”, noi osserviamo quanto sul punto ha scritto Amos Oz nel suo libro “Contro il fanatismo”. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.

 E comunque vi diciamo che non è il compromesso ad ogni costo quello che ricerchiamo, ma vogliamo far valere la ragione, se necessario anche a costo di conculcare per un attimo i sentimenti.

Scrive Mario Calabresi nel suo articolo di esordio quale direttore di Repubblica , “Il frutto avvelenato di un’epoca di divisioni, di cinismo e di impazienza, è aver perso il gusto per le sfumature, aver smarrito la curiosità di scoprire somiglianze oltre che differenze.

Un manicheismo dilagante si è impossessato del nostro mondo che sembra attratto fatalmente dall’idea che esistano solamente bianco o nero”.

Vorremmo sommessamente  dire a Calabresi, che nel Suo bel pezzo parla e scrive di quella “cultura del dubbio” propria dei laici liberal-democratici.

Ho letto  tanti pezzi di illustri giornalisti, in questi giorni di scontri  all’arma bianca sulle famiglie di ogni tipo e natura, che giustamente lamentano l’assenza dei laici, quale forza politica organizzata, in questo nostro Paese dopo la sparizione dei gloriosi partiti laici della I repubblica (P.L.I. e P.R.I. innanzi tutto). Condivido e sottolineo, a scanso di equivoci quello che un valoroso combattente della cultura liberale c.d. di sinistra, Salvatore Valitutti, diceva ai giovani del P.L.I.: “badate bene che laico non è il contrario  di cristiano (e, aggiungo io, ci mancherebbe altro; basta aver letto Croce per saperlo !), ma neanche di cattolico. Laico è il contrario di dogmatico”.

Ecco, noi siamo i laici. La Fondazione Einaudi, che si ispira ai più alti pensatori di quella cultura, rappresenta in Italia la sintesi più alta di quel pensiero.

Ce lo possiamo permettere, perché siamo la Fondazione Einaudi e il nostro fine non è la ricerca del consenso, ma la ricerca tout court. Lo studio, la ricerca, la formazione dei giovani. Il far conoscere la posizione dei liberali di oggi sulle grandi tematiche della società contemporanea, custodendo la memoria dei liberali di ieri e di sempre.

Ci riusciremo ! Sbarchiamo determinati sui social, organizziamo i liberali, compiamo un dovere, che per noi è anche un piacere. Proseguire l’opera di Luigi Einaudi, di Benedetto Croce, di Giovanni Malagodi che ha voluto fortemente e ha fatto nascere questa gloriosa Fondazione.

 

Giuseppe Benedetto

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