Nel giorno della sua morte, il Wall Street Journal ha così formulato l’epitaffio di Papa Francesco: “Si batteva per i poveri, favorendo idee che li mantenessero poveri”. C’è del vero. Il libero arbitrio e il principio della responsabilità individuale sono alla base dell’etica capitalista, che ha fatalmente condotto alla globalizzazione dei mercati. Ma capitalismo e globalizzazione sono state le bestie nere del Papa.
“Questa economia uccide”, ha scritto Francesco nel suo primo documento programmatico, la Evangelii Gaudium. “Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. […] L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un grave attentato ai diritti umani e all’ambiente”, ha aggiunto. Nell’enciclica sociale Fratelli tutti, pubblicata nel 2020, in piena pandemia, papa Francesco ha preso di mira il pensiero Liberale: “Il dogma neoliberale è povero, ripetitivo e inefficace… Il mercato da solo non risolve tutto, anche se a volte vogliono farci credere a questo dogma di fede neoliberale”. Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, del 2013, ha affermato: “Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica”. In un incontro del 2024 con giovani economisti ad Assisi, ha dichiarato: “Il mondo dell’economia ha bisogno di un cambiamento”. Nel messaggio al World Economic Forum di Davos nel gennaio 2024, Francesco la mise così: “Com’è possibile che in un mondo globalizzato ci siano ancora persone che muoiono di fame, sfruttate, escluse, private dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria di base?”. La globalizzazione, dunque non come cura ma come causa ai mali del mondo.
I dati, però, mal si conciliano con i giudizi papali. Così, alla rinfusa.
Secondo la Banca Mondiale, la povertà estrema è passata dall’85% nel 1800 al 9% odierno. La mortalità infantile è scesa dal 44% nel 1800 al 4%. Milioni di persone, in particolare in Asia orientale e nell’Africa subsahariana, hanno beneficiato della crescita economica legata all’apertura dei mercati globali. La Cina, che ha abbracciato gradualmente forme di economia di mercato pur mantenendo un sistema politico autoritario, ha tolto dalla povertà oltre 800 milioni di persone negli ultimi 40 anni. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’aspettativa di vita è aumentata ovunque: a livello globale, si è passati da circa 52 anni nel 1960 a oltre 72 anni nel 2020. Anche l’alfabetizzazione ha visto un netto miglioramento: nel 1950 solo il 56% degli adulti sapeva leggere e scrivere; oggi, il tasso globale ha superato l’86% (Unesco, 2023). La mortalità infantile è crollata. Secondo l’Unicef, il numero di bambini morti prima dei 5 anni si è ridotto da 12,5 milioni nel 1990 a 5 milioni nel 2021. Secondo la Fao, la percentuale di persone denutrite nel mondo è scesa dal 19% negli Anni ’90 a circa il 9,2% nel 2022, nonostante l’aumento della popolazione globale. Secondo la Banca Mondiale, il Pil globale pro capite è più che raddoppiato dal 1990 ad oggi.
L’integrazione commerciale ha favorito la crescita economica nei Paesi in via di sviluppo. Ad esempio, il Vietnam ha visto un aumento del Pil pro capite di oltre 8 volte dal 1990 al 2020 grazie alle esportazioni e agli investimenti internazionali. I vaccini contro malattie come il morbillo, la poliomielite e l’epatite B hanno salvato milioni di vite grazie a partenariati pubblico-privati e finanziamenti internazionali (GAVI, OMS). I decessi per malaria sono diminuiti del 47% tra il 2000 e il 2015 (WHO), in parte grazie alla cooperazione internazionale e alla disponibilità di farmaci a basso costo. Il lavoro minorile è diminuito del 38% dal 2000 a oggi (ILO, 2022). La frequenza scolastica globale nella scuola primaria è salita dal 75% nel 1990 ad oltre il 90% oggi (Unesco). La percentuale della popolazione mondiale con accesso all’elettricità è salita dal 71% nel 1990 al 91% nel 2021 (Banca Mondiale). Secondo l’Oms, tra il 2000 e il 2020 oltre 2,6 miliardi di persone hanno avuto accesso a fonti sicure di acqua potabile grazie ad investimenti infrastrutturali e alla cooperazione internazionale. Il numero di persone con accesso a servizi igienico-sanitari adeguati è cresciuto di oltre 1,8 miliardi tra il 2000 e il 2020. Dai dati Unesco, risulta che il tasso globale di istruzione femminile nella scuola primaria è oggi quasi pari a quello maschile, con un rapporto di 0,97. Nei Paesi a basso reddito, la partecipazione delle donne alla forza lavoro è salita dal 32% nel 1990 al 45% nel 2020. La mortalità materna globale è calata del 38% tra il 2000 e il 2017 (OMS) grazie all’accesso a cure sanitarie moderne. Secondo l’Indice di Sviluppo Umano (HDI) dell’Onu, dal 1990 al 2021 oltre 130 Paesi hanno registrato miglioramenti continui. Paesi come Bangladesh, Etiopia e Ghana hanno compiuto progressi notevoli grazie alla crescita economica e alla liberalizzazione del commercio. Secondo l’Indice di Libertà Economica della Heritage Foundation, i Paesi con maggiore apertura al libero mercato hanno un reddito medio pro capite oltre sette volte superiore rispetto a quelli non liberi.
Insomma, il capitalismo e la globalizzazione hanno radicalmente migliorato la qualità della vita degli “ultimi” cari papa Francesco nelle “periferie” del mondo da lui più volte evocate. Si può discutere, naturalmente, degli effetti che la globalizzazione ha sortito nei paesi cosiddetti ricchi. Effetti perlopiù devastanti. Ma non erano questi l’oggetto della “cura” del Papa “terzomondista”.