Certo che i medici italiani hanno l’età media più alta d’Europa. Ma questa non è l’eccezione cui rimediare, bensì la regola di cui tenere conto. Quell’età media è la più alta non perché i giovani non vogliano fare i medici, ma perché i giovani scarseggiano e la nostra età media cresce ogni anno. Il che discende dall’andamento demografico, sicché si tratta di una questione con cui si devono necessariamente fare i conti.
Spostare l’età di pensionamento dei medici a 72 anni, sebbene su base volontaria, serve a ridurre l’emergenza nell’immediato, non a risolvere il problema. Se la metà a più di 60 anni, comunque, al massimo entro un decennio, ammesso vogliano tutti lavorare più a lungo, ce ne saranno la metà di oggi. E se l’età media degli infermieri è più bassa ciò non discende da una maggiore vocazione giovanile a quel lavoro, ma dal fatto che molti sono immigrati.

Il lato positivo di questa assai difficile situazione è che dimostra quanto sia illusorio continuare a spostare in avanti l’affrontare tre problemi: a. la natalità; b. l’immigrazione (e di che qualità); c. il sistema pensionistico. Non potremo essere un mondo di vecchi assistiti da vecchi con vecchi che finanziano la pensione dei vecchi. Dopo di che gli stessi che sostengono sia un diritto andare in pensione il prima possibile si ritrovano, una volta cambiato argomento, a sperare che i medici non ci vadano neanche all’età prevista dalla legge (che è ben più alta di quella reale, 67 contro 63). Politica cieca.

 

La Ragione

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