Marcello Pera: il Vangelo non c’entra, il Papa fa politica

Marcello Pera: il Vangelo non c’entra, il Papa fa politica

Bergoglio, tradizione cristiana, Concilio Vaticano II e immigrazione: ecco alcuni dei temi affrontati da Marcello Pera nell’intervista pubblicata su Il Mattino del 9 luglio 2017 di Corrado Ocone, filosofo, liberale e direttore scientifico della Fondazione Einaudi, 

Papa Francesco torna in una nuova intervista rilasciata in esclusiva a Eugenio Scalfari per “Repubblica” interviene nel dibattito politico con tesi forti e dirompenti che un tempo si sarebbero dette “di sinistra”.

Questa volta, il pontefice si è rivolto direttamente ai grandi della terra riuniti ad Amburgo nel G20 opponendosi in linea di principio a ogni politica tendente a controllare e limitare le migrazioni di massa dai paesi poveri verso l’Europa.

Per capire di più delle idee, e sopratutto dell’azione politica e mediatica del papa, così diversa, anzi opposta, rispetto a quella del suo predecessore, abbiamo posto alcune domande all’ex presidente del Senato Marcello Pera. Il quale, liberale e cattolico, ha, come è noto, condiviso molte idee col papa emerito Benedetto XVI (scrivendo a quattro mani con lui anche un libro: Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, Islam, Mondadori, 2004)

Presidente, che giudizio si è fatto dei continui appelli all’accoglienza dei migranti fatta da questo papa? Un’accoglienza indiscriminata, senza condizioni, totale?

Francamente questo papa non lo capisco, quanto dice è al di fuori di ogni comprensione razionale. È evidente a tutti che un’accoglienza indiscriminata non è possibile: c’è un punto critico che non può essere superato. Se il papa non fa riferimento a questo punto critico, se insiste su un’accoglienza massiccia e totale, mi pongo la domanda: perché lo dice? Qual è il fine vero delle sue parole? Perché manca di un minimo di realismo, di quel poco che è richiesto a chiunque?

La risposta che posso darmi è una sola: il papa lo fa perché detesta l’Occidente, aspira a distruggerlo e fa di tutto per raggiungere questo fine. Così come aspira a distruggere la tradizione cristiana, il cristianesimo così come si è storicamente realizzato.

Se non si tiene conto della soglia critica oltre la quale le nostre società non possono più accogliere chiunque, e nemmeno garantire a loro quella dignità minima che si deve a tutti gli uomini, assisteremo presto a una vera e propria invasione che ci sommergerà e che metterà in crisi i nostri costumi, le nostre libertà, lo stesso cristianesimo. Ci sarà una reazione e una guerra. Come fa il papa a non capirlo? E da che parte starà una volta scoppiata questa guerra civile?

Non ritiene che c’entri anche il Vangelo, la predicazione di Cristo? Quella del papa non è forse un’etica della convinzione assoluta, astratta, che non tiene conto delle conseguenze?

No, assolutamente. Così come non ci sono motivazioni razionali, non ci sono nemmeno motivazioni evangeliche che spieghino quel che il papa dice. D’altronde, questo è un papa che, sin dal giorno del suo insediamento, fa solo politica.

Cerca l’applauso facile facendosi ora segretario generale dell’ONU, ora capo di governo, persino sindacalista quando interviene nelle vicende contrattuali di un’azienda come Mediaset.

E la sua visione è quella sudamericana del giustizialismo peronista, che non ha nulla a che vedere con la tradizione occidentale delle libertà politiche e con la sua matrice cristiana. Il cristianesimo del Papa è di altra natura. Ed è cristianesimo politico, integralmente”

Ciò non sembra suscitare però questa volta la sollevazione dei laicisti in servizio permanente ed effettivo durante i papati precedenti?

In Italia il conformismo è parossistico. Questo è un Papa che piace all’opinione pubblica informata, che corrisponde a certi suoi umori di base e che è pronta ad applaudirlo anche quando dice banalità.

In un passaggio dell’intervista di Scalfari, Bergoglio, dopo aver fatto un appello all’Europa, paventa “alleanze assai pericolose” contro i migranti di “potenze che hanno una visione distorta del mondo: America e Russia, Cina e Corea del Nord”. Non è alquanto bizzarro accomunare una democrazia di vecchia data quale l’America a paesi fortemente autoritari e addirittura totalitari?

Lo è, ma non mi meraviglio alla luce di quanto ho prima detto. Il papa riflette tutti i pregiudizi del sudamericano verso l’America del Nord, verso il mercato, le libertà, il capitalismo. Sarebbe stato così anche se alla presidenza americana fosse rimasto Obama, ma non c’è dubbio che queste idee del papa si saldino oggi, in un mix pericoloso, al sentimento anti-Trump diffuso in Europa.

Presidente, insisterei un attimo sul “fare politica” di questo papa. È davvero novità rispetto al passato?

Sicuramente. Bergoglio è poco o per niente interessato al cristianesimo come dottrina, all’aspetto teologico. E questa è senza dubbio una novità. Questo papa ha preso il cristianesimo e lo ha volto in politica. Apparentemente le sue affermazioni sono basate sulla Scrittura, in realtà sono fortemente secolariste.

Bergoglio non è preoccupato della salvezza delle anime ma solo della sicurezza e del benessere sociale. E questo è un fatto preliminare. Se poi si entra nel merito delle cose che dice, non si può non osservare con preoccupazione che le sue affermazioni rischiano di scatenare in modo incontrollabile una crisi politica e una crisi religiosa.

Dal primo punto di vista, egli suggerisce ai nostri stati di suicidarsi, invita l’Europa a non essere più sé stessa. Dal secondo punto di vista, non posso non osservare che è in atto uno scisma nascosto nel mondo cattolico e che esso è perseguito da Bergoglio con ostinazione e determinazione e, da parte dei suoi collaboratori, persino con cattiveria”

Perché succede tutto questo? Non è tutto profondamente irrazionale?

No, non lo è. Direi anzi che è finalmente esploso in tutta la sua radicalità rivoluzionaria e sovvertitrice il Concilio Vaticano II. Sono idee che portano al suicidio la Chiesa cattolica, ma sono idee che erano già state sostenute e giustificate in quel tempo e in quella occasione. Si dimentica che il Concilio precedette temporalmente la rivoluzione studentesca, quella sessuale, quella dei costumi e dei modi di vivere. La anticipò e, in qualche modo, la provocò.

L’aggiornamento del cristianesimo laicizzò allora fortemente la Chiesa, innescò un cambiamento che fu molto profondo anche se esso, che rischiava di portare a uno scisma, fu governato e tenuto a bada negli anni successivi. Paolo VI lo assecondò, ma ne rimase infine vittima. I due grandissimi Papi che succedettero a lui erano consapevoli perfettamente delle conseguenze innescate, ma tentarono di contenerle e governarle.

Assunsero una visione tragica verso la realtà, resistettero, cercarono di mediare il nuovo con la tradizione. Lo fecero in modo eccelso. Avevano fatto una marcia indietro, ma ora quelle briglie sono sciolte: la società e non la salvezza, l’agostiniana città terrena e non quella divina sembra essere l’orizzonte di riferimento della gerarchia ecclesiastica dominante.

I diritti dell’uomo, tutti e senza esclusione, sono diventati il riferimento ideale e la bussola per la Chiesa, per i diritti di Dio e della tradizione non c’è più quasi spazio. Almeno apparentemente. Bergoglio si sente e si vive completamente libero rispetto ad essa.

Perché dice “apparentemente”?

Perché dietro la vetrina e gli applausi, non è tutto oro quel che luccica. Non ci sono solo gli pplausi al papa in Piazza San Pietro. Io che vivo in provincia, mi rendo conto che una parte del clero, soprattutto e a sorpresa quello più giovane, rimane stupito e sconcertato da certe affermazioni del papa.

Per non dire delle tante persone semplici che già oggi vivono i problemi di sicurezza che i migranti creano nelle nostre periferie e che provano irritazione a sentir parlare di accoglienza senza condizioni. Il clero più adulto, quello di mezza età, è invece più dalla parte di Bergoglio: vuoi per conformismo, vuoi per opportunismo, vuoi per convinzione essendo cresciuto anch’esso in quel clima culturale degli anni Sessanta che è all’origine di certe scelte. Proprio per questo parlo di uno scisma profondo e latente. Di cui però il papa non sembra preoccuparsi”

Cosa pensa più in generale del governo dei flussi migratori e dell’insensibilità dell’Europa verso l’Italia?

Il nostro Paese è solo, drammaticamente solo. E’ pericoloso. Questo mi preoccupa. Siamo soli perché gli altri Paesi fanno prima di tutto il loro interesse nazionale. Dietro le belle parole di facciata, non si preoccupano più di tanto di noi. E siamo soli perché la Chiesa ci invita a spalancare le porte, sembra quasi approfittare della nostra debolezza.

Temo una brutta reazione. Temo che la protesta del popolo possa saldarsi e trovare uno sbocco non augurabile. Destra e sinistra in questo caso non c’entrano. D’altronde, penso che anche le contraddizioni del papa verranno presto alla luce del sole: egli già non è più in sintonia coi suoi fedeli. Una alleanza fra i cattolici conservatori e le forze sovraniste, diciamo così, è molto probabile.

Cosa pensa dell’incidente in cui è incorso Renzi, che ha dovuto togliere il post su facebook in cui riportava il passo del suo prossimo libro in cui si chiede il “numero chiuso” e si invita ad aiutare i migranti a casa loro?

Renzi ha ragione da vendere su questo punto. Lo slogan è corretto. Anche se ammetto che certe idee bisognerebbe saperle coniugare in politiche. La crisi forte del nostro Paese è quella della classe politica, che palesemente non è più all’altezza dei suoi compiti.

A destra come a sinistra Renzi è in una fase discendente e paga i tanti errori che ha commesso: difficilmente recupererà.. Basti pensare al nostro provincialismo, a come ci siamo presto innamorati di un leader come Macron che appartiene al mondo della robotica piuttosto che a quello della politica. E che, soprattutto, fa prima di tutto l’interesse della Francia.

Come si esce dalla crisi? Cosa si augura?

Mi auguro un Papa che prenda in mano la croce dell’Occidente, dei suoi valori. Che non sogni un Occidente pauperizzato. E mi auguro, per l’Italia, una classe politica e un’opinione pubblica che riporti al centro del discorso i temi dell’identità, il senso nazionale, la tradizione. Sono però sempre più pessimista. E prendo sempre più pillole, per cercare di essere tranquillo.

 

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