Un patto autolesionista

Un patto autolesionista

«Intervenuta troppo tardi per fermare l’inflazione, la Fed ha usato l’arma dei tassi di interessi in modo esagerato, facendo come il cane da pastore che, per tenere a bada le pecore, le morde alla morte, fino alla recessione, per impedire che lo faccia il lupo-inflazione», denunciava tempo fa un economista belga critico della politica americana. Che peraltro poi la Bce ha ritenuto opportuno importare in Europa. Di pessimi esempi di ardori autolesionistici è costellata la storia trentennale del Patto di stabilità, che strada facendo si è fregiato anche della parola crescita ma in modo posticcio, non per una seria autocritica maturata sul campo. Eppure la grande crisi finanziar-debitoria del 2008-12, la risposta univoca del tripudio dell’ortodossia rigorista con addirittura l’ulteriore stretta delle regole del Patto, dell’iniziale politica restrittiva della Bce, del castigo recessivo senza paracadute per i reprobi dei conti pubblici dissestati, avrebbe dovuto poi consigliare qualche ripensamento.

Non foss’altro per l’impennata di euroscetticismi, populismi e nazionalismi che ne seguì per anni, per le bandiere naziste che, per la prima volta dal dopoguerra, invasero piazza Syntagma ad Atene. Per l’abisso di sfiducia reciproca che fagocitò l’eurozona e l’Europa intera, scavando un’insanabile lacerazione Nord-Sud. C’è voluto più di un decennio per rimarginarla ma non è guarita. Ci sono voluti Covid e aggressione russa all’Ucraina, due minacce esterne letali per la sua sicurezza personale, economica, geopolitica e militare, per recuperare l’Europa al consenso degli europei, riscoprirne meriti e valore aggiunto insostituibili e più necessari che mai per esistere nel cantiere del nuovo mondo: molto più gravido di incognite che di certezze, di scontri Est-Ovest che di stabilità geopolitiche, con il braccio di ferro in corso tra Stati Uniti e Cina.

Il doppio terremoto ha travolto idoli e ideologie che sembravano imperiture. Ha fatto scattare la rivoluzione del Next Generation Eu, il mega fondo per modernizzare e rendere più competitiva l’economia europea finanziandolo per la prima volta con l’emissione di debito comune. Poi politica industriale ed energetica comune, altri tabù prima intoccabili, per l’autonomia strategica tra rimpatrio delle catene del valore, investimenti e infrastrutture nell’innovazione di punta, chip in primis, nelle materie prime critiche, nelle rinnovabili, nel militare…. E ora la riforma del Patto di stabilità da chiudere, si spera, entro l’anno. E da completare poi con un bilancio Ue riformato per dargli la potenza di fuoco adeguata a maxi investimenti obbligati se davvero l’Europa vuole darsi i mezzi per vincere la sfida della palingenesi economica e del suo ritorno tra i Grandi del mondo.

Se prima era rigidità ora è resilienza. Se prima era solo stabilità, ora è anche crescita e investimenti «perché alto debito e crescita bassa non sono realtà cui l’economia europea può rassegnarsi» avverte il commissario Ue, Paolo Gentiloni. Le regole restano, per garantire la governance dell’euro e inquadrare i singoli piani nazionali, da negoziare con Bruxelles, di graduale rientro di debiti e deficit nei parametri di Maastricht (60 e 3%del Pil). Il percorso di riduzione, con base la dinamica della spesa pubblica netta da mantenere sotto quella del Pil potenziale, si snoderà su 4 anni, estensibili a 7 con riforme e investimenti mirati che procureranno maggior spazio fiscale al Paese allungandone i tempi dell’aggiustamento.

Paesi come l’Italia, con debito e deficit oltre le soglie, dovranno garantire il calo del primo a fine periodo e un aggiustamento annuo di bilancio dello 0,5% del Pil fino a che il deficit non andrà sotto il 3%. Sanzioni automatiche in caso di non rispetto degli impegni. Poche attenuanti. Niente regimi di favore per investimenti, verdi, militari o legati al Pnrr. In conclusione, flessibilità e rigore misurati a braccetto per poter investire in una crescita economica ricca di stabilità finanziaria. Che però non basta a Berlino & co. Dunque, sarà ancora battaglia Nord-Sud. Con una domanda: davvero gli equilibrismi del nuovo Patto permetteranno all’Europa di vincere le sue sfide globali quando, tra Ira e simili, Stati Uniti e Cina si auto inondano di investimenti enormi, immediati, senza paletti o troppe regole? Forse, con il suo forziere di risorse e un regime Ue di aiuti di Stato in libertà, la Germania pensa di farcela da sola: errore, come altri del passato.

Il Sole 24 Ore

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