“Dobbiamo salvare la democrazia” intervista al politologo Francis Fukuyama su La Repubblica

“Dobbiamo salvare la democrazia” intervista al politologo Francis Fukuyama su La Repubblica

Lo studioso di Stanford che teorizzò negli anni ’90 la “fine della Storia” torna con il saggio Il liberalismo e i suoi oppositori. E qui spiega perché è l’unico sistema per fermare autocrati come Putin e Orbán

“Il liberalismo è l’unica dottrina politica che ha successo sulla lunga durata: nato dopo le guerre di religione, rilanciato alla fine delle Guerre mondiali, si basa sull’idea che c’è diversità all’interno della società e bisogna trovare il modo di dialogare e convivere. Oggi è però in pericolo. Nei decenni di pace che ci ha garantito, da destra e da sinistra c’è chi si è impadronito cinicamente dei suoi valori, estremizzandoli”.

Francis Fukuyama, 69 anni, è il politologo di Stanford autore del celebre La Fine della Storia e l’ultimo uomo: il saggio scritto nel 1992, dopo lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, dove sosteneva che il liberalismo democratico – che nell’accezione americana è l’innesto tra dottrina classica e democrazia – non aveva più rivali: “Capolinea dell’evoluzione ideologica dell’umanità”. Trent’anni dopo ammette: “Le cose sono più complicate”. Col suo nuovo Il liberalismo e i suoi oppositori, edito da Utet, prova a dimostrare che quella dottrina è ancora il fondamento della democrazia: e va difeso a livello politico e culturale.

Lei sostiene che il liberalismo classico è stato particolarmente deformato negli ultimi decenni.

“Da destra i sostenitori dell’economia neoliberista hanno trasformato il libero mercato in dogma, distorcendo l’economia fino a renderla instabile mentre l’individualismo è diventato opposizione a tutte le regole che limitano il sé, anche quando imposte per il bene collettivo. Da sinistra, convinti che il liberalismo è un sistema elitario che opprime determinati gruppi in base a etnia, genere, orientamento sessuale si è arrivati a rivendicazioni identitarie che stanno trasformando il bisogno di rispetto insito nel politicamente corretto in intolleranza”.

Come affrancarsi dalle estremizzazioni, senza minare i diritti di individui o gruppi che patiscono effettivamente ingiustizie?

“Per garantire equità e democrazia serve vigilanza, dibattito, un approccio che ne rivitalizzi costantemente i valori moderandone le depravazioni. Solo la buona politica sconfigge gli estremismi. La società è troppo eterogenea per pretendere che funzioni sostenendo solo gli interessi di alcuni: individui o gruppi che siano. Per sopravvivere deve essere aperta e accogliere la diversità che esiste al suo interno”.

Lo ha detto lei stesso: “Il liberalismo oggi è in pericolo”.

“I suoi principi base, ovvero tolleranza delle differenze, rispetto dei diritti individuali, stato di diritto, sono oggi effettivamente minacciati. Lo conferma un rapporto di Freedom House, secondo cui fra la fine degli anni ’70 e il 2008 il numero di democrazie nel mondo è passato da 35 a oltre 100 mentre oggi quel numero è in declino: se non nominalmente, certo per qualità del sistema. D’altronde, basta pensare agli scossoni subiti di recente dalle due democrazie più grandi del mondo, Stati Uniti e India. E all’arroganza di autocrazie come Cina e Russia”.

Già nel 2019, parlandone al “Financial Times”, il presidente russo Vladimir Putin attaccò duramente il liberalismo definendolo “sorpassato”.

“Putin è da tempo motore di una campagna anti-liberale globale, condotta con l’aiuto di leader populisti come Viktor Orbán in Ungheria e Donald Trump in America. Figure che, dopo essere state elette democraticamente, hanno minato proprio il sistema che li ha portati al potere. Di sicuro con l’invasione dell’Ucraina, Putin ha fatto chiarezza morale: mostrando qual è l’alternativa al liberalismo e quanto questa sia brutale. Terribile che sia accaduto ma utile lezione per tanti”.

Lei scrive: “La democrazia non sopravvive se i cittadini non credono di far parte di uno stesso sistema politico”. La crisi ucraina ci restituirà il senso di istituzioni come l’Unione Europea, fino a poco tempo fa duramente criticata dai sovranisti?

“Il lungo periodo di pace e prosperità seguito alla caduta dell’Urss ha spinto tanti a dare il liberalismo democratico per scontato. Putin ha invaso il suo vicino proprio perché convinto che l’Occidente fosse troppo diviso e non credesse più in niente. È stato smentito. Le istituzioni europee sono generalmente sane. Certo più di quelle americane”.

È molto duro nei confronti degli Stati Uniti…

“La democrazia americana è sotto stress. I liberali secondo la mia definizione, politici come Joe Biden per intenderci, credono nella legge e in un sistema giudiziario indipendente, non partigiano. Proprio ciò che Donald Trump ha attaccato fin dalla sua elezione, arrivando, ad esempio, al totale sbilanciamento della Corte Suprema. Ci salva, per ora, il check and balance, il meccanismo che mantiene l’equilibrio dei poteri. Ma ha funzionato perché all’interno del sistema c’erano dei liberal democratici veri. Purtroppo, coloro che vorrebbero comportarsi come Putin a dispetto della legge, aumentano”.

Trump lo ha ripetuto più volte: con lui alla Casa Bianca, non ci sarebbe guerra in Ucraina…

“Quando Putin dichiarò l’indipendenza delle due repubbliche in Donbass, Trump lo definì “genio” e disse: “Vorrei poter fare lo stesso al confine col Messico”. L’illiberalismo è quel che vorrebbe per l’America. Per questo temo la possibilità di una sua rielezione nel 2024″.

Se la Storia non è finita, dove siamo?

“La “Storia universale” tende verso il progresso. Ma quella delle nazioni non è lineare né va in una sola direzione. In tal senso, siamo in un momento di regresso. Se guardiamo al lungo termine scopriamo però che è già accaduto e che i sistemi illiberali sono destinati a fallire”.

Lei non è l’unico pensatore a riflettere oggi sul liberalismo classico. Yascha Mounk ne ha appena scritto, Michael Walzer lo sta facendo. Tanta necessità di riscoprirlo, non è forse l’ammissione della sua crisi?

“Morirà solo se la gente smetterà di crederci. E questo accadrà se non ne sostanziamo l’importanza. Ecco cosa mi ha spinto a scrivere questo libro: e forse vale anche per altri. Finora abbiamo vissuto in una società democratica senza interrogarci sulle sua fondamenta e sulle alternative. Bisogna ricordare alla gente che il liberalismo ha ottimi motivi e vale la pena difenderlo. Non sta in piedi da solo, serve l’impegno di tutti”.

Il libroIl liberalismo e i suoi oppositori di Francis Fukuyama è edito da Utet (pagg. 186, euro 19)

Intervista di Anna Lombardi su La Repubblica

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