Rublati

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La fonte, i tempi e il fatto. Questi gli elementi da tenere in considerazione per capire il significato di una nota statunitense relativa ai soldi che dalla Russia sarebbero giunti a componenti politiche di 24 Paesi.

Fin da prima che la criminale aggressione russa all’Ucraina partisse, l’intelligence statunitense ha scelto un approccio diverso da quello classico: disvelare anziché celare. Il valore maggiore delle informazioni riservate è consistito nel renderle pubbliche.

Fecero sapere che, secondo le loro informazioni, l’ammassarsi di truppe russe ai confini ucraini non era manco per niente un’esercitazione, ma la premessa di un’imminente invasione. In tanti li accusarono di propaganda e Putin fece lo spiritoso. L’informazione era esatta e le cose sono andate come erano state descritte.

Circa i finanziamenti russi a politici europei, sono noti quelli alla destra francese di Le Pen. Quindi non una novità. Perché adesso? Per noi italiani è facile supporre che la tempistica sia stata scelta in relazione alle elezioni del prossimo 25 settembre.

A parte che sembrerebbe non esserci note sull’Italia, la stessa cosa sarebbe valsa per le notizie francesi. Ma sono sensazioni superficiali, che non tengono conto di due dati fondamentali: a. la ricerca sulle influenze russe nasce negli Usa perché gli Usa furono penetrati; b. la scadenza elettorale più rilevante è in Usa. Forse quei tempi hanno rilevanza maggiore dei nostri.

Il fatto va ben delineato: se ci sono trasferimenti di denaro a partiti o soggetti politici, ovviamente non dichiarati, da noi si tratta di un reato. E dei reati si occupa la giustizia. Per me possono anche metterci il nome di Tizio, in quelle carte, ma continuerò a considerarlo innocente e a credere alle sue smentite, fino a sentenza contraria.

Il che, però, non mi distoglie di un capello dall’osservare che il citato Tizio ha posizioni filorusse, s’è speso contro le sanzioni, non voleva inviare armi all’Ucraina. Che non sono reati, ma responsabilità politiche. E in politica sono quelle che contano.

Con le influenze russe in casa nostra ci siamo cresciuti. I comunisti sovietici finanziavano i comunisti italiani. Ma quel fatto, documentato dalla stessa memorialistica comunista, non deve trarci in inganno: non era il finanziamento a una comune idea, ma soldi per sostenere la stessa idea che oggi sostiene Putin: indebolire le democrazie e minare la credibilità di chi le governa.

Per questo è ininfluente pagare a sinistra o a destra, mentre è rilevante investire sugli sfasciacarrozze. Che non necessariamente devono essere politici.

Distinguere il reato dalla responsabilità politica serve anche a guardare un po’ oltre. Di certo in Russia non si son crucciati perché degli svalvolati italiani volevano bloccare il gasdotto dall’Azerbaijan (Tap), fortunatamente senza riuscirci. Ed hanno goduto quando ci siamo evirati rinunciando a gran parte del gas che abbiamo in Adriatico. E se guardate ai protagonisti di quelle pessime battaglie ce ne trovate di destra e di sinistra. Mica notizie segrete, se ne vantavano.

E siccome 300 milioni in 24 Paesi, dal 2014 sono poco più della mancia al cameriere, porgerei maggiore attenzione al fronte del gas e alla formulazione dei contratti, con eventuali liberalità aziendali. Il che porta più a governanti tedeschi che non a neonazisti che pure i russi accudirono con amore. Idem per il lato italiano.

Possiamo usare una sola bussola, per evitare svarioni: osservare i fatti noti ed esprimere un giudizio sui putinofili nostrani (prevalentemente a destra); fare attenzione agli interessi delle battaglie contro il gas non russo (ben distribuiti fra saltimbanchi di diverso colore); ribaltare, come si sta facendo, la politica energetica, rendendosi totalmente indipendenti dal mefitico gas russo.

Questa non è una faccenda da pupazzetti in magliettina, ma da ridisegno di equilibri globali. E come tale va trattata.

La Ragione

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