RinCorsa

RinCorsa

Non può che far piacere il drastico calo del peso delle bollette della luce: -55,3% per il prossimo trimestre, con alle spalle un altro -19,5%. Anche il gas è in rapida discesa. Ma sarebbe colpevole non leggere il significato politico di questi dati. E sarebbe dannoso non comprenderne le conseguenze.

Si torni con la mente ai giorni iniziali della criminale guerra scatenata da Putin in Ucraina. In quelle ore l’Occidente compì scelte che determinarono la sconfitta politica del Cremlino, preludio del disastro militare che si è poi visto. La condanna fu unanime, come le sanzioni e la decisione di affrancarsi dalle forniture russe di gas. Furono allora formulate delle ragionevoli previsioni, che si sono dimostrate esatte nonostante lo scatenarsi dello scetticismo dei putinofili:
1. La totale autonomia dal gas russo è stata raggiunta prima del tempo stabilito (complice un inverno mite) e il prezzo che oggi paghiamo è inferiore a quello di prima della guerra (rammentando che era salito a causa dell’aumento della domanda, dopo i blocchi produttivi imposti dalla pandemia);
2. La febbre dei prezzi (compensata da imponente spesa pubblica a sostegno dei consumi) ha avuto anch’essa la durata prevista e si rientra nella normalità, se non la si alimenta dall’interno;
3. L’effetto delle sanzioni sull’economia russa non è stato immediato, lo si disse subito, tanto più che gli acquisti di gas sono aumentati per riempire le riserve, ma si è dimostrato devastante e inesorabile, mandando la Russia in una recessione più profonda e declassandola a colonia cinese.

Le cose sono andate come si era detto. La guerra continua, purtroppo, e continuerà fin quando Putin potrà preservare sé stesso mandando al massacro la Russia e i russi. Spera che l’Occidente si fiacchi ma ha ottenuto l’esatto opposto, ovvero la corsa di tutti i Paesi dell’area a chiedere la protezione occidentale. Dietro il calo delle bollette c’è un vasto significato politico. Davanti, però, c’è una prospettiva di ripresa della corsa. Il governo fa bene ad affievolire e gradualmente far sparire i sostegni ai consumi, che non avendo più una motivazione patologica sarebbero solo distorsivi e inflattivi. Ma ora si deve anche smontare la retorica del Pnrr inattuabile per il cambio dei prezzi delle materie prime. La fase antecedente agli investimenti è quella delle riforme, nella quale si deve far lavorare la politica e il Parlamento, senza un centesimo di costi aggiuntivi. Mentre i costi dei materiali rientrano gradualmente nella normalità.

Il 2023 era previsto come un anno di rallentamento, ma di crescita. E anche questa previsione si è rivelata esatta, nonostante quasi tutte le forze politiche avessero fatto una campagna elettorale intestata a una recessione che non c’era. Ora siamo a uno snodo decisivo, perché l’uso razionale e tempestivo dei fondi europei fa la differenza – per l’anno in corso e quelli a venire – fra il ritorno a crescite asfittiche (erose dal costo del debito) e il consolidamento della eccezionale corsa fatta nel 2021 e nel 2022 (che erode il debito). Questo è lo spazio e l’occasione della RinCorsa. A impedircelo possono essere solo l’ignavia politica e l’incapacità pratica, che neanche un mago riuscirebbe mai a nascondere dietro la balla dei ritardi ereditati. Per non dire della bislacca tesi secondo cui i soldi a disposizione (buona parte dei quali regalati) sono “troppi”.

Qui sia concessa una considerazione politica. Il governo ha una vasta maggioranza e una opposizione divisa e dedita alla radicalizzazione. Il solo modo che ha per andare in crisi è sgretolarsi, il che non appare probabile. Per la destra, se non s’impantana nel passato, è l’occasione per cambiare il proprio futuro. Il che comporta la necessità di affrancarsi subito da slogan e concetti che servivano solo a essere “contro”, dai balneari al Mes. Le riforme non procedono proprio a causa di quel corteggiare ogni misero interesse che serva a danneggiare chi governa. Governano loro, è ora di cambiare.

La Ragione

Share