Punto nave

Punto nave

Non si tratta di lambiccarsi attorno all’inutile dilemma se il governo, dopo la partita del Colle, sia più forte o più debole. È fuffa politichese, conta la sostanza. Da qui in poi non è che ci siano formule magiche o colpi che risolvano tutto, serve tempo e lavoro. L’Italia che corre non deve essere infastidita, quella scassata deve essere risanata senza pensare di riuscirci dalle sera alla mattina. Il tema della politica è secondario, perché sono tutti ridotti malissimo. Vero che le ferite potrebbero inferocirli, ma per fare che, per far cadere il governo? Prego, si accomodino e se la vedano con i cittadini. La sola differenza, rispetto a ieri, è che anziché fermarsi a consolare i passeggeri, uno a uno, ora vanno forzati i motori. Con una avvertenza: si deve avere competenza tecnica, per navigare, ma stabilire la destinazione è una scelta politica. Che occorre fare mentre la politica non riesce a scegliere nulla.

Andando per l’alto mare si deve avere cura di non perdere l’orientamento. Ogni tanto si fa il “punto nave”: dove siamo, che rotta scegliamo, guarda sulle carte se ci sono scogli. Mica segui le urla del mozzo ‘mbriaco. Le questioni reali, pratiche, aiutano a capire.

Il costo delle materie prime, in particolare modo energetiche, è troppo alto. È propagandismo spicciolo dire: il governo intervenga a compensare. Serve solo ad aumentare la spesa e il debito. Quindi, nel mentre si compensa il possibile, si deve recuperare una parte degli extraprofitti senza merito, si deve ristrutturare il prelievo fiscale, si deve riaumentare la produzione nazionale di gas, dopo che il peggiore governo della storia (5 Stelle-Lega) riuscì a tagliarla (e ora strillano, ma strillate allo specchio). Un po’ di energia si recupera dai rifiuti, ma si devono fare gli impianti. Mentre per non dipendere da pochi fornitori si devono avere i rigasificatori. E avanti con la ricerca sul nucleare, che è una grandiosa partita tecnologica ed economica. Certo che non ci risolvi la crisi da qua a sei mesi, ma fermando tutto sarai in crisi per sei secoli.

La gradualità nel riformare il sistema pensionistico è necessaria per non terremotare continuamente i programmi di vita delle persone, ma anche è necessario procedere speditamente, perché l’insostenibilità di un sistema in cui un numero di lavoratori decrescente mantiene un numero di pensionati crescente è evidente a chiunque non sia un demagogo bugiardo. La leva demografica è chiarissima: lo stato sociale che conosciamo va profondamente cambiato, oppure vanno aperte le porte a immigrati che compensino la denatalità. O, meglio, entrambe le cose.

Per crescere stabilmente e non solo rimbalzare devi avere un mercato dinamico e competitivo. Che la legge sulla concorrenza sia insabbiata fra gli stabilimenti balneari è sì demagogico, ma anche potentemente ridicolo. Una buffonata, il cui esito sarà esattamente quello che proclama di volere evitare: una fregatura per gli italiani. Basta. Così come è ridicolo che si debba mettere mano a una ristrutturazione del sistema fiscale e ci si sia fermati sulla riforma del catasto, difendendo non l’interesse delle famiglie, altra demagogia assurda, ma semmai quello dei ricchi che si trovano in appartamenti centrali e catastalmente sottovalutati. Anche qui, basta.

Bella l’unità nazionale, coinvolgendo tutti, ben oltre i confini della maggioranza, sugli scostamenti di bilancio. Più deficit per tutti. Ma porterà più debito, più costi, più tasse. Per chi le paga. Bloccare il defict per la spesa corrente e usarlo solo per gli investimenti. E bloccare subito quelli che straparlano di adeguamenti automatici all’inflazione per le gare Pnrr, perché da lì si passa ai salari e da quelli alla trappola della stagflazione. All’orizzonte ci sarà una politica monetaria meno accomodante, quindi o si prende velocità prima o si finisce in balia dei marosi.

Il capetto di una fazione mugugna e quello dell’altra strepita? Li si molli, altrimenti ci si ritrova tutti a mollo.

La Ragione

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