“Poteva costruire un terzo polo liberale Invece ha preferito qualche seggio” intervista di Giuseppe Benedetto su Il Giornale

“Poteva costruire un terzo polo liberale Invece ha preferito qualche seggio” intervista di Giuseppe Benedetto su Il Giornale

Il presidente della Fondazione Luigi Einaudi: “Non mi ero mai illuso su Calenda. Dubito che adesso gli elettori di centrodestra lo votino”

La prevedibile ammucchiata a sinistra, con spartizione di seggi, ha lasciato con un palmo di naso chi puntava su Calenda per un terzo polo di ispirazione lib-dem (liberaldemocratica). All’inizio di luglio la Fondazione Luigi Einaudi, proprio con Calenda, aveva presentato il «Comitato di garanzia dei Liberali Democratici Repubblicani Europei». Ma il presidente della Fondazione, Giuseppe Benedetto, non è deluso più di tanto dall’ex manager Ferrari, per un motivo semplice. «Non mi ero mai illuso su Calenda».

Insomma si aspettava che tra i liberali e i seggi col Pd, avrebbe scelto i secondi.

«È chiaro che con una operazione al centro, costi quel che costi, ci avrebbe rimesso tutti i collegi uninominali».

Meglio allearsi con Fratoianni, Di Maio, Orfini, Speranza, noti liberali.

«Immaginavamo un percorso di iniziative culturali per mettere assieme tutta l’area liberal-democratica in questo paese. Però pensavamo ancora che le elezioni fossero lontane».

Invece si vota tra neanche due mesi. Il liberalismo può attendere, ci sono altre priorità per Calenda e soci.

«In coerenza con quanto ho detto per tutta la mia vita di liberal non vado certo a fare alleanze con il Pd. Le alleanze pre-elettorali sono una peculiarità italiana. In tutta Europa ci si presenta alle elezioni con la propria identità, e poi il giorno dopo si ragiona su maggioranze e governi. Invece da noi si fanno alleanze contro qualcuno, ma così è il Paese che ci rimette».

Un’alleanza per non far vincere il centrodestra.

«Invece quello che serviva era un terzo polo che si richiamasse alla famiglia liberal europea. Siccome Azione e +Europa e anche Italia Viva fanno parte del gruppo Renew Europe, che si richiama appunto a quei valori, come Fondazione Luigi Einaudi abbiamo pensato di poter collaborare per dare una rappresentanza anche nel Parlamento italiano a questa area politica. Ma con una alleanza con il Pd mi pare difficile».

Secondo lei Calenda ci guadagna o ci perde con questo mossa?

«Ci perde senza dubbio. Poteva essere una occasione unica per avere una percentuale a doppia cifra. Tutti gli indicatori che avevamo dicevano che questo rassemblement, con Azione e Renzi, avrebbe raccolto un numero di voti importante. Pescando anche ovviamente dagli elettori moderati di centrodestra. Così invece dubito che un elettore del centrodestra possa votare un partito alleato con il Pd e la sinistra massimalista».

C’è sempre Renzi, che è rimasto da solo.

«Renzi se farà veramente una battaglia da solo recupererà una parte dell’elettorato di Calenda. Si sono aperte delle praterie, che gli possono permettere di superare la soglia di sbarramento. Ah, guardi mi ha appena risposto Calenda su Twitter».

E che le dice?

«Mi scrive che nel programma con Letta ha sempre il no alle tasse il si ai rigassificatori, l’atlantismo, e che non vuole regalare collegi alla destra putinista per purezza ideologica»

E lei cosa gli risponde?

«Che per me il problema non sono i collegi. Il nostro progetto era quello di riavere in Italia dopo 30 anni un movimento autenticamente liberale, non quello di ottenere 5 o 10 seggi in più in Parlamento».

Intervista di Paolo Bracalini su Il Giornale

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