Onusti

Onusti

Difficile dire quanti, guardando la grande sala dell’Assemblea generale e ascoltando i leader che si alternano al palco – o, più probabilmente, guardando le loro foto – immaginano che serva a qualche cosa. Perlopiù passa la convinzione che sia un ente inutile. E invece no, ma bisogna intendersi sul ruolo e le possibili finalità. L’Onu non è il Parlamento e men che meno il governo del mondo. Lì dentro, come in generale nella politica internazionale, non si separa il bene dal male: si prova a tenere l’equilibrio, oggi gravemente minacciato dalla Russia di Putin. L’equilibrio non è la perfezione, ma il riconoscimento della sua impossibilità.

È roba nostra, delle democrazie occidentali. L’innesco fu di Woodrow Wilson, presidente statunitense, che ci vinse il premio Nobel per la pace (nel 1919) e ci perse la partita con il suo Parlamento, visto che gli Usa non aderirono alla Società delle Nazioni. L’Onu nasce dopo il macello della Seconda guerra mondiale. Che senso aveva e ha tenere in una stessa sala Paesi che sono e resteranno avversari, cercare il dialogo non potendo evitare le guerre? È un’idea figlia delle democrazie, della consapevolezza che il mondo è sempre imperfetto. Il dialogo più difficile è con le dittature, convinte – su false basi ideologiche, religiose o nazionaliste – d’essere strumenti della perfezione.

La Russia di Putin è divenuta la nemica di questo splendido monumento all’imperfezione perché, avviando una guerra imperialista e sedendo nel Consiglio di sicurezza Onu, mina le basi dell’equilibrio. Che è poi la ragione per cui noi, Occidente democratico, non possiamo neanche prendere in considerazione l’ipotesi che l’Ucraina perda la guerra. Ed è per difendere noi stessi che aiutiamo gli ucraini. È per difendere l’equilibrio di pace che compensiamo lo squilibrio di guerra, altrimenti ce la troviamo in casa. Si guardi a quel che succede nel Nagorno-Karabakh, ricordando la sua storia armena e il nostro approvvigionarci di gas dagli azeri. Quella scatenata da Putin è una reazione a catena. E ci colpisce direttamente.

Poi c’è il resto, certo. Erano più di cinquanta i conflitti attivi prima dell’invasione dell’Ucraina. Ciascuno diversamente radicato. Ciascuno bisognoso di iniziative diplomatiche, per limitare i danni ove non si riesca a ricostruire la convivenza. Non certo praticando le impossibili categorie del bene e del male, ma del possibile e del conveniente. Le sole promettenti.

La nostra presidente del Consiglio ha chiesto all’Assemblea una politica per l’Africa, per contrastare l’emigrazione di massa. Giusto, ma l’esperienza fatta con il tunisino Saied dovrebbe avere insegnato che il successo non dipende da quanto elevati in grado siano i visitatori e quanto ricchi i regali che recano, ma dai rapporti di forza. Sgradevole? È la sola realtà: i rapporti di forza. E se si regalano soldi lo si fa perché qualcuno ha la forza locale di trattenere le partenze, sapendo che lo farà non con il dialogo ma con la forza. In altre parole: stai pagando dei liberticidi. Oppure avvii iniziative produttive, finanzi quel che serve per far crescere l’economia e rendere prospero il posto da cui altrimenti si scappa, ma in questo caso riceverai l’accusa di neocolonialismo, incardinato nella collaborazione con classi dirigenti non sempre encomiabili.

E poi ci sono gli equilibri nel Pacifico, che sembrano minacciare il nome dell’oceano. Il che comporta mantenere relazioni economiche e non concedere sudditanze politiche. Qui l’Italia ha sbagliato, firmando la Via della Seta (Conte con 5 Stelle & Lega).

Chissà se si è nel caso dell’Ariosto e i suoi vincitori «di gran preda onusti» o nella prosa di D’Annunzio: «una lenta barca onusta». Chissà se siamo carichi di storia ed esperienza o sovraccarichi di stanchezza mentale, ma il mondo non è quello che viviamo nelle nostre società, che sono il migliore posto esistente. Il mondo è imperfetto e l’imperfettissima Onu è una passabile sede in cui viverlo.

La Ragione

Share