Meriti e peccati dell’Olimpiade

Meriti e peccati dell’Olimpiade

Quando si spiegano le vele al trasformismo ci vuole poco a passare dal “mai metteremo un soldo per l’Olimpiade invernale” all’evviva abbiamo vinto, salvo poi approdare velocemente alla diffidenza per l’eccesso di entusiasmo, passando per uno scettico “e che sarà mai?”, per ripararsi nella baia dell’attenti che riparte la mangiatoia. Basta un refolo e il comandante che si gloria di far rotta a dritta scuffia a manca. Nell’attuale bollore la neve dovrebbe rinfrescare le idee, invece ha scatenato la calca del “vittoria, è merito mio”. Visto che i rischi non mancano, meglio chiarire.

Il merito va a chi ci ha creduto, allorquando la cosa sembrava negativa e comunque remota. Va a Giovanni Malagò, presidente di un Coni che si voleva svuotare e spegnere. Va ai tre protagonisti politici (uso l’ordine alfabetico): Attilio Fontana, presidente della Lombardia; Giuseppe Sala, sindaco di Milano; e Luca Zaia, presidente del Veneto. Senza far torto ad altri, loro si sono giocati la faccia. Il merito va anche a Giancarlo Giorgetti, nella sua duplice veste di strettissimo collaboratore di Salvini e navigatore in solitario, su una rotta diversa da quella del governo a egemonia Salvini. Anche lui è andato a giocarsi la credibilità, senza badare all’avere un conflitto in corso con Malagò, ed è dovuto andare lui perché il governo era impedito dalla contrarietà pentastellata e dal desiderio leghista di recitar la parte dell’Italia dal mondo odiata ed emarginata. Sono loro che hanno vinto, il che si nota anche dal ghigno storto di taluni festeggianti sbocciati, come il presidente del Consiglio, a giochi fatti.

Dal che discende una lettura politica non banale: l’Italia che vince è quella che cerca e tesse alleanze, non quella che manda a stendere tutti pur di dimostrare al contado di avere le palle e saperlo fare, nonché l’Italia che antepone l’obiettivo comune alla propaganda di parte. Vista così non stiamo parlando del 2026, ma di quel che oggi è alternativo alle orge demagogiche cui assistiamo.

Passiamo ai pericoli, perché tanto il cinismo nazionale spegnerà presto le urla di gioia. Si eviti quel che è capitato per l’Expo di Milano, partito in un buon clima e subito impantanato nelle guerre (all’interno dello stesso schieramento) su chi comanda e come si affrontano gli interessi materiali. I Fontana, i Giorgetti, i Sala e gli Zaia spero ricordino che è da questo che si vedrà se stiamo parlando di vera classe dirigente. O meno. L’Expo fu, alla fine, recuperato, dopo essere passato per commissari vari. Evitiamolo. Il lavoro cominci subito, secondo la procedura prevista, perché il tempo a disposizione c’è, ma non è un buon motivo per sprecarlo.

Il che significa prepararsi a vendere non i biglietti ai botteghini, ma un prodotto che si chiama Italia. Quello sarà il vero dare e avere. Il turismo pesa per il 6% del prodotto interno lordo, l’Olimpiade, già nella preparazione, sia una leva per farlo crescere. Ovunque, non solo dove saranno attrezzate le piste. Il che comporta infrastrutture di trasporto (altro che no Tav!) e sollecitazione di investimenti privati in strutture alberghiere e di ristorazione (altro che Cassa depositi e prestiti che compra alberghi fallendi o falliti!). Il tempo lungo comporta coerenza nel tempo. Un banco di prova vitale, per quanti non vogliano farsi ricordare come necrofori.

E c’è il rischio magna magna. Già lo si dice. È reale, non immaginifico. Naturalmente riguarda il mondo politico, ma non meno quello imprenditoriale: volete fare affari? volete far crescere la vostra ricchezza? il cielo vi benedica, ma aiutate l’Italia a dimostrare che si può farlo senza tradire regole e onore. Il mondo delle imprese, aiutato dalle nuove (stravecchie) regole sugli appalti, non si metta tutto alla ricerca del subappalto, sappia anche trovare la forza e la lucidità per isolare chi, facendolo, sputtana tutti.

Poi, certo, ci sono quelli che pensano la migliore difesa dal malaffare consista nel non fare nulla. Quelli che è meglio non avere tentazioni per non cadere nel peccato. Che dire? A sentir loro il solo mezzo per evitare gli stupri consisterebbe nel cancellare il sesso, il che, però, non porta solo alla perdita di un sollazzo, ma alla sicura estinzione.

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