L’interesse

L’interesse

L’Italia è una sola. L’occasione dei fondi europei Ngeu e del connesso piano Pnrr è una sola. Il governo italiano è uno solo e quello in carica non so se durerà un’intera legislatura (che poi il problema non è durare, bensì operare), ma è sicuramente in carica nel tempo determinante perché quei vitali investimenti siano realizzati. Uno solo è l’interesse dell’Italia, sicché sperare, per faziosità, che fallisca è una follia autolesionista. Non di meno che fallisca è possibile e alcune avvisaglie ci sono. Di questo dovrebbe occuparsi chi non vive solo di rivalse del passato e di tifo nel presente.

Gli interessi dell’Italia non sono gli interessi di una parte. Sbagliano gli oppositori che rimproverano al governo l’assenza a una cena. Sbaglia il governo a ingrugnirsi per l’assenza. Quel che conta è che Zelensky viene a consolidare la via d’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e che quella fu idea che nessuno più del governo italiano caldeggiò, lavorandoci concretamente. Non un “altro” governo, ma “il” governo. Il solo esistente. Patriottismo è questo, non la fanfara, il dir “Nazione” o il far spettacolo della Costituzione.

Nella convivenza europea il problema non è la farina di grilli o la classe energetica delle case, che son cretinate demagogiche messe in giro fidandosi del fatto che chi ascolta non sappia di che si tratta, nel mentre mangia lumache e controlla il bollino blu della caldaia. Il nostro problema è il debito. E non lo si gestisce salmodiando “elasticità, elasticità”. Se si hanno delle idee, devono essere europee.

1. Abbiamo il debito pubblico più alto, in rapporto al prodotto interno lordo, con la sola e non esaltate eccezione della Grecia. 2. Ma il club che supera il 100% si allarga e il nostro debito complessivo, pubblico più privato, è in linea con quello degli altri grandi europei. 3. Il debito complessivo, nel mondo, è oggi pari ad uno spaventoso 420% del prodotto globale. 4. I tassi d’interesse crescono e quello sarà un problema di tutti. Allora non mi metto a dire che se i tedeschi spendono di più per sostenere le loro aziende allora io devo potere indebitarmi di più, perché quel maggiore debito diventerà un peso per le mie, mica per le loro aziende. Non spero che tutto il debito italiano sia posseduto da italiani, perché è come dire che i risparmi degli italiani servono ad alimentare la spesa pubblica corrente, impoverendosi e perdendo occasioni di crescita nel mondo. Provo a pensare europeo e proporre una strada.

A. L’euro e il mercato comune europeo sono un vantaggio competitivo, una parte considerevole dei debiti nazionali è posseduto dalla Banca centrale europea, che se ne disfaccia è un bene, che finisca sul mercato può essere un problema, la cosa migliore sarebbe disporre di un’agenzia Ue del debito. B. Quei debiti non saranno mai cancellati (salvo che non si vada in bancarotta, nel qual caso averli venduti solo ai propri cittadini sarebbe una brutale fregatura) o ripagati, ma vanno assorbiti. C. Per farlo l’agenzia del debito aiuta a tenere i tassi reali bassi. D. L’Italia ha interesse, ma nessuna credibilità a proporlo se non ci sbrighiamo almeno a ratificare la riforma del Mes.

Non basta. Ha ragione Meloni a dire che il modo per tenere in equilibrio il debito è crescere. Per crescere serve competitività, che è data da innovazione e concorrenza. Ma se vedo il governo inchiodato sui balneari ne deduco che non cresceranno mai. In tutti i sensi.

Il pubblico di casa può essere intrattenuto in vario modo, ma alla fine conta il risultato. Meloni (e con lei Giorgetti) hanno assimilato la lezione impartita dal disastro del primo governo Conte, con i Salvini e i Di Maio che volevano dar lezioni all’“Europa”. L’odierna consapevolezza della delicatezza dei conti è molto apprezzabile. Si perde tempo, però, se si pensa di rappresentare gli interessi italiani in Ue, laddove si devono indirizzare gli interessi Ue a essere coerenti con quelli nazionali. Fa tenerezza sentir reclamare più Europa e più unità, da chi ha predicato meno integrazione e più nazionalità. Pensare europeo o non pesare nazionale.

 

La Ragione

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