L’attualità del pensiero liberale in tempo di pandemia. Intervista al Presidente Giuseppe Benedetto

L’attualità del pensiero liberale in tempo di pandemia. Intervista al Presidente Giuseppe Benedetto

“Perché è così lungo l’elenco dei problemi urgenti; e così corto quello degli scritti nei quali sia chiaramente chiarito il contenuto di essi? Come si può deliberare senza conoscere? Nulla, tuttavia, repugna più della conoscenza a molti, forse a troppi di coloro che sono chiamati a risolvere problemi”.

Così scriveva limpidamente il compianto Presidente Luigi Einaudi (di cui quest’anno ricorrono i sessant’anni dalla dipartita) nel celeberrimo saggio “Prediche inutili” (1959): vademecum del “buon Governo”, ispirato a criteri di apertura mentale, rigore scientifico e obiettività lontani anni luce da derive preconcette, tendenziose e ideologiche. Strillate, queste ultime, senza alcuna solida base di conoscenza e consapevolezza dei fenomeni economici e sociali che, oggi più di ieri, travagliano il presente. L’attualità del pensiero liberale einaudiano e del suo “prima conoscere, poi discutere, poi deliberare” si traduce in un quesito: che cosa significa essere Liberali oggi?

Affaritaliani.it lo ha chiesto all’Avvocato Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi.

Parafrasiamo il noto adagio liberale “laisser faire, laisser passer”: Presidente Benedetto, dopo aver forse toccato il fondo con il tragicomico video di Beppe Grillo, quanto pensa che gli Italiani siano ancora disposti a lasciar fare, passare e sopportare?

Purtroppo temo tanto. La questione non è tanto quella di Grillo quanto, piuttosto, quella degli Italiani. Grillo è il leader di un movimento-partito che alle elezioni politiche del 2018 ha raccolto 1/3 dei voti, intercettandoli in ambienti diversi: ci sono Italiani di cultura, abituati a viaggiare in giro per l’Europa e per il mondo, che pure lo hanno votato. Attribuire il 32% delle preferenze a una figura del genere è sintomo del profondo degrado dell’Italia. In quanto al video, possiamo affermare che lì ci sia tutto Grillo. Mi lasci dire prima di tutto che, come Fondazione Luigi Einaudi, ho preso pubblicamente le difese di suo figlio: il garantismo si applica con tutti, e non a giorni alterni. Il figlio di Grillo non può pagare a prescindere per il fatto di essere figlio di Grillo: la Giustizia farà il suo corso, condannandolo se colpevole, assolvendolo se innocente. Lo stesso con la presunta vittima dello stupro. Ci sono però altri aspetti, aberranti, da sottolineare. Quell’assurdo “arrestate me”, spia della peggiore mentalità manettara e giustizialista: in Italia sino a processo concluso – processo celebrato nelle aule di Tribunale e non sui social – vige la presunzione di innocenza, non il tintinnio di manette a seconda dell’umore. Voglio inoltre riproporre il tema della credibilità: ricordiamoci i martellamenti di Grillo per il movimento “Me too”. Lì le accuse di stalking e stupri venivano mosse da donne dopo venti, trent’anni dai fatti dichiarati, eppure andava bene. Nel caso di suo figlio otto giorni sono già troppi: questo è un ulteriore, inaccettabile carico per la presunta vittima. Infine, se gli sfoghi del padre disperato sono comprensibili (ancorchè poco edificanti), provenendo da un leader politico diventano fatti gravissimi che assurgono, lo ripeto, a cartina di tornasole del degrado non del personaggio ma dell’Italia, la quale gli ha consentito di raggiungere questa posizione di potere.

Chiarissimo. Presidente Benedetto, da liberale che cosa ne pensa del pass-Covid e delle misure discusse dal Consiglio dei Ministri?

Da liberale dico innanzitutto che la tendenza dei nostri Governi, in questa fase pandemica, è stata spesso quella di rinviare le decisioni all’indomani mattina, cioè di non decidere. Azione non certo produttiva. Ciò premesso, in merito al passaporto europeo e fatto salvo il principio di reciprocità fra Nazioni, ritengo esso necessario, ma anche utile e opportuno. Gli Italiani vogliono potersi spostare fra Stati e, soprattutto, desiderano che i turisti arrivino nel nostro Paese. Sul discorso delle misure nazionali, dico solo che troppo sovente ci si congela e immobilizza su diatribe inconcludenti, come il discorso del coprifuoco: perché le 22:00 e non le 23:00?

Capitolo Scuola: fucina delle nuove generazioni (e dei decisori di domani), eccessivamente sacrificata nella gestione della pandemia?

In altri Paesi europei colpiti non meno di noi, la Scuola, quando necessario, è stata l’ultima a chiudere e la prima a riaprire, portando avanti la sua fondamentale funzione di ossatura della società. Quello che constato è come la didattica a distanza sia stata un fallimento: un processo del genere va organizzato e nessuno era preparato a farlo. Inoltre, per seguire le lezioni on-line, occorre un prerequisito fondamentale e troppo spesso negletto: disporre di un computer e di una buona connessione. Per carità di Patria non entro nel merito di altre questioni come quella dei banchi a rotelle, dove sfioriamo il grottesco e siamo oltre la ragione, nell’irragionevole. Questi banchi che sono rimasti a marcire in edifici vuoti ci sono costati sa quanto? Come il taglio di un anno di Democrazia. Abbiamo decapitato le nostre istituzioni riducendo il numero di Parlamentari: la cifra risparmiabile in un anno è la stessa che abbiamo già buttato per l’acquisto dei banchi a rotelle.

Tra l’altro, trascurando comparti ben più a rischio contagio di quello scolastico: per esempio i Trasporti.

Potevamo rivolgerci ai privati e utilizzare gli autobus turistici, i taxi e le NCC, tutti parcheggiati e bloccati dal Covid, per decongestionare il Trasporto pubblico. Invece si sa, le cose più difficili da fare in Italia sono sempre quelle a costo zero.

A proposito di privati e di “blocchi”, nel libro del Ministro Speranza, bloccato e ritirato dal mercato per incompatibilità con la realtà, si guardava al Covid come a una formidabile occasione per la Sinistra, nell’ottica di ridisegnare gli equilibri sociali (e non certo secondo i principi del Liberalismo). Quanto è preoccupante un’affermazione del genere?

Posso dire una cosa? A me Speranza è simpatico: infatti dice quello che molti altri, soprattutto nel PD, pensano ma non hanno il coraggio di dire. Da buon nostalgico dell’era che fu e da iperstatalista, quando dice le cose sa che l’egemonia culturale della sinistra è nelle sue corde. Tuttavia ripeto, mi è simpatico: preferisco gli avversari politici che si lasciano guardare direttamente negli occhi, in modo sincero.

Presidente Benedetto, secondo Luigi Einaudi chi si occupa con solerzia della gestione della propria casa è anche un Cittadino esemplare. L’immobiliare però, da bene rifugio per eccellenza degli Italiani, è diventato anche “bersaglio immobile” per eccellenza di un fisco predatorio e di una burocratizzazione selvaggia. Perché ostinatamente non si vuole cambiare rotta?

Se mi lascia fare una battuta, perché il Ministro Speranza e i Colleghi di area possano introdurre la patrimoniale! Detto questo, in Europa abbiamo il debito pubblico più alto ma anche la ricchezza immobiliare più consistente. E questo, visto dall’osservatorio di Paesi come la Germania e l’Olanda, diventa motivo e richiesta di compensazione fra i due aspetti. Attenzione però, non possiamo permettere che un patrimonio così prezioso, costruito grazie agli sforzi e ai sacrifici dei nostri Padri e Nonni, venga eroso a colpi di balzelli. Rischiamo di fare la stessa fine dell’antica nobiltà palermitana, che tirava avanti vendendo pezzo dopo pezzo il patrimonio di famiglia, il più delle volte senza lavorare. Mi piacerebbe che per la nostra Italia non si prospettasse questa fine.

Infatti su questo tema non sembra essersi fatto molto nelle battute di avvio del nuovo Governo. Presidente Benedetto, anche qui, gattopardescamente parlando “bisogna che tutto cambi perché tutto resti come prima”?

Questa domanda si traduce in un’altra: Draghi è liberale? Di certo non mi pare che sia un liberista ma nutro seri dubbi sul fatto che sia un liberale su temi come la Giustiza e i Diritti Civili. Nondimeno penso sia l’unico Presidente del Consiglio possibile in questa contingenza storica, con il Recovery Plan da organizzare e gestire. Qui mi fermo, l’operato del Governo nella sua variegata compagine e nelle sue antipodali sensibilità è tutt’altro discorso.

Presidente Benedetto, i recentissimi dati pubblicati da Confcommercio fotografano una situazione in cui 1 azienda su 10 è vittima della criminalità, 300.000 imprese sono in pesante crisi di liquidità e 40.000 Imprenditori si trovano sotto scacco degli usurai. Non pensa che, se lo Stato fosse più amico e meno vessatore, oggi saremmo qui a commentare dati diversi?

Ci sono al contempo poco Stato e troppo Stato. Poco Stato nel perseguire crimini ed estorsioni e troppo Stato nel creare le condizioni per il loro attecchimento. Non è con i ristori, con il divieto di licenziamento o con il blocco degli sfratti che l’economia risorge. Ristorare significa regalare un pesce e sfamarsi per un giorno; all’Italia invece serve una canna da pesca con una buona lenza, per imparare a pescare, per sempre. La strada è una sola: abbattere in primis il mostro tentacolare della burocrazia, in tutte le sue forme.

Sabato scorso la Fondazione Einaudi ha ricordato il suo Fondatore, Giovanni Malagodi, scomparso il 17 Aprile del 1991. Che cosa ha rappresentato e rappresenta per il pensiero liberale?

Un gigante, con doti intellettuali e umane senza pari. Ha raccolto il testimone di Luigi Einaudi, divenendo il più importante leader liberale della seconda parte del secolo scorso. Voglio ricordare alcune sue battaglie storiche, come quella contro la nazionalizzazione dell’energia elettrica, o quella avverso la costituzione delle Regioni a statuto ordinario che, secondo Malagodi, sarebbero divenute carrozzoni burocratici e clientelari. Si oppose al Centro-Sinistra, preconizzando le storture poi generatesi nel Paese a seguito di un’alleanza giudicata fallimentare dalla Storia. Presidente tra l’altro anche dell’Internazionale Liberale, non fu un Europeista ma un “Cittadino d’Europa”: questa mi sembra l’espressione più felice e completa per ricordarlo.

Presidente Benedetto, il termine “crisi” in Greco significa “scelta”, ovvero momento storico passibile di evolvere positivamente o meno a seconda delle decisioni che vengono prese. Come si declina in senso liberale?

Bisogna decidere che cosa desideriamo per il nostro futuro. Se un grande padre statale opprimente e oppressivo oppure un domani in cui – come diceva lucidamente Einaudi – dall’uguaglianza dei punti di partenza si possa poi crescere e maturare “liberamente diseguali”. Purtroppo temo che, in Italia, coloro i quali la pensano così siano ancora minoranza.

Per concludere, Presidente Benedetto, che cosa c’è nel futuro della Fondazione Luigi Einaudi?

Voglio rispondere citando le preziose e incoraggianti parole di Hilde Vautmans, Presidente dell’ELF (European Liberal Forum): “la Fondazione Luigi Einaudi ci dimostra che esiste ancora una speranza per il Liberalismo in Italia”. Questo mi sembra l’augurio, e l’auspicio, più bello.

Sara Garino

AffariItaliani.it

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