Intolleranza e aggressività

Intolleranza e aggressività

“Affiorano rumorosamente atteggiamenti di intolleranza, di aggressività e di chiusura (…), sembrano attenuate le remore che prima ne frenavano la manifestazione”. Sono parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Meritano d’essere meditate, non passando velocemente oltre.

Gli italiani non sono tutti e sempre brava gente. La ferocia non è mancata e non manca, verso noi stessi e verso altri. Ma no, non siamo un popolo repulsivo e chiuso, sappiamo essere solidali. E allora? Allora capita che, da molto tempo, il cattivo esempio venga dall’alto. Ci si compiace d’usare un linguaggio sprezzante, sperando dimostri saldezza d’idee. Spesso è vero l’opposto. Facendo difetto l’identità delle proprie convinzioni si cerca d’essere riconosciuti per quanto s’insultano e dileggiano le altrui. È diventato un codice comunicativo, poi emulato da chi ha meno difese culturali. Magari non trova riscontro in atti pratici, si urlauna cosa in pubblico e si fa l’opposto in privato, ma, intanto, si semina veleno.

Poi c’è un intreccio perverso: chi minaccia o insulta sa che non sarà punito, ma anche chi delinque, chi usa i bambini per i borseggi o l’accattonaggio, chi traffica illegalmente sulla pubblica piazza, non crede nella punizione. E hanno ragione, perché la giustizia non funziona. Se “legge e ordine” diventa pura retorica è ragionevole che crescano prepotenza e disordine.

Non è costume di tutti, naturalmente. E neanche dei più. Ma è costume che mostra debolezza morale e inaffidabilità statuale.Per questo quelle parole vanno meditate e non basta non partecipare alla gara al ribasso per non sentirsene partecipi. Non basta l’indifferenza e neanche la silente condanna. Ci si deve frapporre, perché quella roba sporca e rovina il mondo e le idee di tutti, non solo di chi ci sguazza.

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