Indignazione morale e gogna social, il caso del “killer” dell’orsa Amarena

Indignazione morale e gogna social, il caso del “killer” dell’orsa Amarena

Una società in cui l’uomo che uccide l’animale è definito “assassino” e la morte di un’orsa viene paragonata ad un femminicidio è una società che ha smarrito il senso della misura, e forse anche quello della realtà. È la logica dei social, ormai evidentemente diventata logica generale. Come ha magistralmente documentato il reporter del New York Times Max Fisher ne “La macchina del caos”, i social si nutrono, e di conseguenza diffondono, prevalentemente sentimenti d’odio, alimentano il senso dell’indignazione morale, ripristinano e istituzionalizzano l’istituto medievale della gogna. Sui social, e di conseguenza (cosa che la dice lunga circa i meccanismi dell’informazione contemporanea) sui media tradizionali e nel mondo politico, la vicenda dell’orsa Amarena è letteralmente esplosa non tanto sulla spinta del dolore nei confronti dell’animale ucciso, quanto sulla spinta dell’esaltazione al linciaggio dell’uomo che, si immagina per paura più che sadismo, le ha sparato un colpo di fucile.

L’uomo si chiama Andrea Leonbruni. Ha 56 anni e, cosa che molti, nell’epoca in cui sempre più persone ritengono che il mangiare carne animale sia una forma di cannibalismo, hanno considerato un’aggravante, di mestiere fa il macellaio. Sui social sono stati pubblicati il suo nome, la sua foto, l’indirizzo della sua macelleria, l’indirizzo della sua abitazione. Una massa umana prevalentemente anonima lo ha ferocemente insultato, lo ha chiamato “killer”, lo ha minacciato di morte assieme ai suoi familiari. Stesso trattamento è stato riservato all’avvocato che lo difende, Berardino Terra, del foro di Avezzano. Leonbruni vive oggi scortato dai carabinieri; il suo avvocato, pur avendo ricevuto minacce di morte sul telefono di casa, no. Non ancora. Nel suo libro, che ricostruisce con precisione la storia delle dinamiche dei social, Max Fischer elenca una quantità di casi analoghi.

Persone comuni messe alla gogna per una battuta giudicata politicamente scorretta o, come nel caso di Andrea Leonbruni, per un’azione penalmente rilevante. Persone comuni minacciate di morte da migliaia di sconosciuti, costrette a cambiare residenza, licenziate dai propri datori di lavoro terrorizzati dalle ricadute di tanta impopolarità, e in molti casi indotte al suicidio. “L’indignazione morale non è soltanto rabbia verso il trasgressore, ma il desiderio di vedere l’intera comunità scagliarsi contro di lui”, scrive Max Fisher. Un desiderio di violenza, un sentimento da frustrati. Rabbia allo stato puro. La nostra civiltà è così regredita alla gogna medievale, all’impiccagione in stile selvaggio West.

Di questo, più che della morte della povera orsa, una società vagamente sana parlerebbe da giorni. Il fatto che, salvo rarissimi casi, e il direttore Mattia Feltri è tra questi, ciò non accada dà la misura del grado di imbarbarimento e di scombussolamento etico che le società contemporanee stanno vivendo anche e soprattutto a causa dei social, dell’anarchia che ancora li caratterizza, dall’irresponsabilità che accomuna le compagnie del Web e i loro singoli utenti.

Huffingtonpost.it

Share