Aiuta gli ultimi in Iran nella associazione degli avvocati di Kerman: Maryam Arvin viene uccisa dal regime

Aiuta gli ultimi in Iran nella associazione degli avvocati di Kerman: Maryam Arvin viene uccisa dal regime

Difendeva i manifestanti, la giovane avvocata Maryam Arvin, ed è stata per questo motivo ammazzata.

Aveva 29 anni, si era appena sposata ed era molto attiva nella difesa dei diritti degli ultimi nell’Associazione degli avvocati di Kerman.

La dottoressa Arvin seguiva, “pro bono”, i casi di donne indigenti, di minori abusati e di bambini lavoratori.

Era stata arrestata in un tribunale di Sirjan il 26 novembre 2022 mentre assisteva giovani manifestanti per la libertà dell’Iran detenuti nel carcere di Sirjan.

Il 13 dicembre 2022, Maryam Arvin era stata rilasciata su cauzione e nei giorni successivi il tribunale avrebbe dovuto emettere un verdetto contro di lei, ma il 7 febbraio 2023 l’associazione degli avvocati di Kerman annunciò che Arvin era deceduta due mesi dopo la sua scarcerazione. La causa della sua morte non è stata specificata in alcuna dichiarazione ufficiale delle autorità sanitarie.

Negli ultimi mesi della prima metà del 2023, con l’affievolirsi delle manifestazioni nelle strade dei grandi centri urbani dell’Iran, diversi giovani, donne e uomini, arrestati durante le proteste per Mahsa Amini, sono morti in circostanze sospette solo poche settimane dopo la loro scarcerazione, spesso avvenuta su cauzione. In tutti questi numerosi casi è stato indicato il “suicidio” come causa della loro morte.

Si tratta di centinaia di casi come quelli recenti di Yalda Aghafazli, Arshia Imamgholi e Mohsen Jafarirad: tutte ragazze decedute subito dopo essere state scarcerate. Tali casi, accuratamente documentati dalle organizzazioni per i diritti umani, hanno suscitato molte denunce sul trattamento riservato dalle autorità iraniane ai manifestanti prigionieri.

Secondo la magistratura iraniana l’avvocato Maryam Arvin si sarebbe tolta la vita iniettandosi droga.

Tayyebeh Nazari, insegnante di Letteratura nelle scuole superiori di Sirjan, madre dell’avvocata attivista deceduta, sostiene invece che la morte di sua figlia è stata provocata dalle conseguenze di un avvelenamento avvenuto in carcere.

Il 29 maggio 2023, la signora Nazari ha scritto sul suo account Instagram che sua figlia, Maryam Arvin, arrestata per aver difeso i suoi clienti, è stata uccisa dalle autorità carcerarie a seguito di iniezioni di quantità eccessive di tranquillanti e sedativi.

I sanitari del carcere di Sirjan parlano, in anonimato, di ferite atroci inflitte sul corpo della giovane avvocata.

Tayyebeh Nazari ha anche rivelato che una settimana dopo la morte di sua figlia, lei stessa era stata condannata in contumacia, dalla sezione 103 del tribunale penale di Kerman, a una pena detentiva di 15 mesi, una multa di un milione di toman e a 40 frustate, solo per aver denunciato la reale causa della morte di sua figlia.

La mamma di Arvin racconta delle atroci violenze fisiche subite da sua figlia. Racconta che pochi giorni prima della sua morte, un ufficiale donna delle basij, di nome Zahra Alizadeh, meglio nota come “Mobina”, insieme a un suo collega dell’intelligence della Forza di sicurezza dello Stato, di nome Hamid Zeydabadi, durante una udienza avevano ammanettato Maryam Arvin nel corridoio del tribunale che poi le tolsero il velo e che la trascinarono a terra tirandola per i capelli per poi picchiarla e torturarla in una cella di isolamento.

In verità i manifestanti arrestati non hanno diritto ad un avvocato di fiducia, indipendente, né a contattare e a ricevere visite di familiari. Gli avvocati che “difendono” gli oppositori della teocrazia sono nominati dal regime, mentre quelli indipendenti non sono autorizzati a occuparsi dei casi dei loro clienti, forniscono solo consulenza legale alle famiglie e trasmettono informazioni ai detenuti, ma spesso anche gli avvocati indipendenti vengono arrestati, come è accaduto a Maryam Arvin. Per questo le autorità giudiziarie iraniane possono nel silenzio e nell’indifferenza totali costringere i giovani a confessioni forzate. La procedura utilizzata è la seguente: i prigionieri vengono sistematicamente torturati e tenuti in celle di isolamento al buio, senza cibo e acqua; spesso sia le donne che gli uomini vengono stuprati; non hanno diritto ad un avvocato difensore né a contattare o a ricevere visite di legali o di attivisti per i diritti umani.

Si stima che dall’inizio della rivolta giovanile, dal 16 settembre 2022, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, almeno 130 avvocati di tutte le province del Paese, tra cui dozzine di donne, siano stati convocati o arrestati dalla magistratura. Le accuse vanno dall’abuso dell’esercizio della loro professione alle opinioni espresse sui social media, considerate espressioni di “inimicizia e odio contro Dio”.

Il trend è in aumento. Nel solo maggio 2023 sono stati settanta gli avvocati convocati e arrestati. I procedimenti sono per lo più condotti dal tribunale di sicurezza che ha sede nella famigerata prigione di Evin a Tehran. Contro di essi non sono state formulate pubblicamente accuse specifiche.

Gli avvocati vengono costretti durante le udienze a firmare una “lettera di impegno” in cui si obbligano a rispettare le disposizioni della magistratura come condizione per il loro rilascio su cauzione. Nella lettera viene espresso “rammarico” per le proteste insorte a livello nazionale e l’impegno a non contattare “reti di legali o organizzazioni per i diritti umani fuori dal paese, perché considerati elementi controrivoluzionari”. Una tale pratica è considerata una minaccia alla sicurezza del paese e può essere perseguita anche con l’ergastolo o con la condanna a morte.

È questa una tattica che mira a incutere timore e ad esercitare pressione sugli avvocati, affinché non sostengano le proteste e i manifestanti.

Il 14 maggio 2023, la sezione 29 del tribunale rivoluzionario di Tehran ha condannato la signora Marzieh Nikara, un insigne avvocato per i diritti umani, a un anno di reclusione. Un altro avvocato per i diritti umani, Farzaneh Zilabi, è stata condannata a un anno e mezzo di reclusione dal tribunale rivoluzionario di Ahvaz.

Nazanin Salari, Forough Sheikhol, Eslami Vatani, Tutia Partovi Amoli, Mitra Izadifar, Marjan Esfahanian, Samin Cheraghi e Sara Hamzezadeh sono state le ultime avvocate a comparire davanti al tribunale di Tehran.

Il numero crescente di avvocati convocati presso il tribunale di sicurezza di Tehran sta sollevando allarme presso le organizzazioni per i diritti umani, soprattutto per l’aumento del rischio che vengano giustiziati i manifestanti senza accesso a una difesa indipendente ed equa come prescrivono tutte le convenzioni internazionali.

Il regime clericale ha finora giustiziato almeno quindici manifestanti, di cui tre il 19 maggio 2023 e nel solo mese di maggio sono stati giustiziati per impiccagione almeno 142 prigionieri.

La rivoluzione dei giovani e delle minoranze per la liberazione dell’Iran dalla Repubblica islamica sta attraversando una fase di stallo, ma il regime repressivo e il boia sono all’opera, in una intensa attività, sotto gli occhi indifferenti del mondo libero e delle sue istituzioni internazionali, come quella della Corte penale internazionale.

Rubrica La libertà svelata, storie di donne coraggiose

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