“Questo premio incarna i valori più profondi dell’Occidente, fondati sul principio della libertà individuale, ed è il riconoscimento della lotta instancabile del popolo venezuelano che non si arrende mai, che ama la libertà e che, di fronte all’uso sistematico della violenza da parte del regime di Maduro, persiste nel costruire una forza civica basata sulla ragione. Ho l’onore di riceverlo, ma lo dedico al nostro popolo e ai nostri prigionieri politici”. È quanto ha detto il presidente eletto del Venezuela, ma costretto all’esilio dalla giunta Maduro, Edmundo Gonzalez Urrutia, ricevendo il Premio Einaudi 2025 promosso annualmente dalla Fondazione Luigi Einaudi.
In Venezuela, ha sottolineato, “dal 2014 sono stati effettuati 18mila arresti arbitrari per motivi politici”, tra questi anche il genero di Urrutia. “In questo momento nel nostro Paese si contano ben 927 prigionieri politici, 82 dei quali stranieri di cui 62 in possesso di cittadinanza di Paesi dell’Unione europea. È il caso di Alberto Trentini, uno dei sette italiani costretti al carcere in Venezuela, privato della libertà senza motivo”. Oggi, ha concluso Urrutia, “tutti concordano sul fatto che Maduro stia praticando terrorismo di Stato”.
Quest’anno, ha detto il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, “vogliamo dedicare il Premio Einaudi proprio ad Alberto Trentini, un nostro giovane connazionale recluso da più di sette mesi in un penitenziario di Caracas, in Venezuela, senza alcuna imputazione formale. Faccio mio l’appello che la mamma di Alberto ha rivolto nei giorni al governo e ai giornalisti: non smettiamo di parlare di Alberto Trentini finché non verrà riportato a casa”.
Conferire il Premio Einaudi al presidente Urrutia, ha spiegato il segretario generale della Fondazione Einaudi, Andrea Cangini, “significa ricordare a noi stessi e al mondo che la libertà, il pluralismo e la democrazia sono beni deperibili: se non torneremo a considerarli principi incomprimibili, rischiamo di riscoprirne il valore solo quando non ne potremo più disporre. E allora sarà, evidentemente, troppo tardi”.