Manifesto Osservatorio Buonsenso

Al fine di evitare fraintendimenti, poniamo in chiaro che il nostro scopo non è quello di mettere in discussione i provvedimenti restrittivi sin qui presi dal governo, a questo punto inevitabili come dimostra l’evoluzione della pandemia e delle reazioni internazionali.

Ciò premesso, ci sembra tuttavia opportuno, e anzi necessario condividere alcune considerazioni critiche, cioè ribadire l’esigenza di un confronto di opinioni che non deve mai venir meno se vogliamo che queste restrizioni servano veramente a salvare la nostra civiltà e non a stravolgerla.

La drammatica situazione che stiamo vivendo spinge istituzioni e opinione pubblica, purtroppo a livello sempre più diffuso, a comportamenti e scelte che sono molto spesso frutto di reazioni emotive incontrollate. In questi frangenti si rivelano di grave danno la contraddittorietà e i limiti di chi gestisce le nostre istituzioni, che paiono preda di una logica volta alla crescente compressione dei diritti dei cittadini come soluzione unica del ‘male’. “Chiudiamo tutto”, anche la democrazia, è la nuova formula magica che però non sembra aprire nessuna porta per la salvezza, ma al contrario chiudere anche quella verso un futuro non angosciante. Questa scelta ha prodotto, anche nelle classi e nelle professioni dalle quali ci si attenderebbe un esercizio della razionalità, un meccanismo tanto prevedibile, quanto inesorabile, di ricerca del cattivo cittadino più che di riflessione sulle soluzioni da provare per risolvere i problemi.

Bisogna fare attenzione alla diffusione di una sorta di “giustizialismo sanitario”: la presunzione di contagiosità rischia di diventare omologa alla presunzione di colpevolezza agitata, in tempi recenti, da qualche magistrato. Così come nella peggiore visione giustizialista siamo tutti colpevoli a piede libero, fino a prova contraria; nell’attuale emergenza sanitaria rischiamo di essere considerati tutti untori.

Per questo è importante che chi pensa di mantenere il controllo delle proprie inevitabili paure, sottoponendole al vaglio di considerazioni razionali, in modo lucido e pacato, offra, ciascuno nel suo piccolo e nell’ambito delle sue competenze, un esempio di civile conversazione basata su dati, fatti, ipotesi, tentativi di spiegazione, di un tema molto complesso come è un’epidemia.

Un’epidemia non è solo un tema virologico ma ha implicazioni di tipo politico, economico, medico-epidemiologico, demografico, storico, filosofico, sociale, giuridico, antropologico, della comunicazione, etc.

Alcuni di noi sono uomini di scienza, per lavoro studiano e fanno ricerca, pongono e si pongono domande, propongono tesi, avanzano ipotesi di soluzioni, ma tutti noi crediamo che il compito di gestire la società tocchi alla politica, non agli scienziati, non ai medici, non agli economisti e non ai filosofi; ogni governo espressione di una corporazione è orribile e di parte; solo la politica può mediare gli interessi legittimi di una pluralità di individui e di categorie; l’abdicazione della politica ai comitati tecnico-scientifici sarebbe spaventosa perché impedirebbe la democratica conciliazione di interessi contrapposti ma legittimi tipici di ogni società complessa.

Solo il Parlamento, con la necessaria presenza e rappresentanza delle minoranze, può essere il luogo ove queste tematiche vengano vagliate, dibattute e definitivamente approvate. Non crediamo nell’uomo solo al comando, pensiamo che le decisioni che coinvolgono la vita e i diritti di milioni di persone debbano essere prese, con il supporto di tutti gli strumenti e competenze scientifiche, dall’unico organo dello Stato che rappresenta la Nazione, ovvero dal Parlamento.

Raccogliendo l’appello del Presidente della Repubblica a “pensare al dopo emergenza”, ci siamo riuniti in questo contenitore per formare un osservatorio di coloro che hanno desiderio di razionalità; un luogo di riflessione e di confronto che permetta al buon senso di non arrendersi al senso comune.

Abbiamo trovato nella Fondazione Luigi Einaudi Onlus, la storica fondazione liberale fondata da Giovanni Malagodi nel 1962, l’Istituto che ha raccolto la nostra proposta, ci supporta con i Suoi strumenti e ci ospita sulle sue piattaforme online.

“Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare” scriveva Luigi Einaudi nelle sue “Prediche Inutili”.

Nello spirito che anima, da sempre, il pensiero liberale, questo Osservatorio rimane aperto ad ogni contributo costruttivo, nella consapevolezza che solo dal confronto tra diverse opinioni e tra tesi diverse è possibile provare ad individuare la migliore soluzione a qualsiasi problema.

 

Maurice Aymard, EHESS Parigi

Nino Arrigo, critico letterario

Giuseppe Benedetto

Annalisa Bonomo, Università di Enna Kore

Marco Carmello, Università di Madrid Complutense

Pietro Colletta, Università di Enna Kore

Emma Galli, Università di Roma Sapienza

Giuseppe Girlando, avvocato

Enrico Iachello, Università di Catania

Lorenzo Infantino, Università Luiss Guido Carli Roma

Franco Lo Piparo, Università di Palermo

Carmelo Palma, giornalista

Enzo Palumbo, avvocato

Francesco Paolo Pinello, sociologo

Andrea Pruiti Ciarello, avvocato, Fondazione Luigi Einaudi Roma

Stefano Rapisarda, Università di Catania

Ezechia Paolo Reale, Avvocato, International Human Rights Law Institute

Gaetano Sabatini, Università di RomaTre

Giulio Terzi di Sant’Agata, diplomatico

Loredana Trovato, Università di Trieste

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