Negozi chiusi la domenica: una proposta tra discriminazioni e ideologie

Negozi chiusi la domenica: una proposta tra discriminazioni e ideologie

È paradossale, ma il divieto di apertura domenicale dei negozi e dei centri commerciali creerà una nuova diseguaglianza tra due categorie di lavoratori: quelli che lavorano la domenica e quelli a cui è vietato di farlo. Si dice: è una difesa del meritato riposo, del diritto a trascorrere in famiglia la domenica. Ma perché questo diritto vale per alcuni e per altri no? Se il riposo domenicale è un diritto inalienabile perché questo diritto viene alienato per altri lavoratori? Una discriminazione. Al contrario, stavolta.

Facciamo un elenco provvisorio di lavoratori che continueranno a lavorare la domenica. Gli infermieri, i medici, i volenterosi che presidiano i Pronto Soccorso e gli ambulatori medici e per le emergenze anche quelli veterinari. I Vigili del fuoco. I poliziotti. I carabinieri. I forestali. I finanzieri. Le guide alpine. I maestri di sci. I vigili urbani, più quelli richiamati per particolari manifestazioni ricreative cittadine con blocco del traffico, cioè tutte le domeniche. Gli steward degli stadi. Le maestranze che permettono gli avvenimenti sportivi. I tecnici del pit stop nei box della Formula Uno. I tecnici del video e del suono delle trasmissioni tv che fanno da focolare domestico domenicale per le famiglie che non lavorano nel giorno di festa consacrato al riposo. I tecnici che riprendono gli avvenimenti giornalistici e di cronaca, compresi l’Angelus con l’allocuzione papale a San Pietro e, profanamente, i movimentati tour dei ministri Salvini e Di Maio, che invece si apprestano a chiudere i negozi della domenica per salvaguardare la dignità del lavoro e del riposo. I giornalisti. I tipografi. I poligrafici. I baristi. I ristoratori. I camerieri. I lavapiatti. Gli addetti alle pulizie. I lavoratori della nettezza urbana. Gli autoferrotranvieri. I bigliettai. Piloti, hostess e lavoratori degli aeroporti. Dei porti. Delle stazioni ferroviarie. Delle stazioni dei bus extra-urbani. Il personale mobilitato per l’apertura di musei, cinema, teatri, siti archeologici e sale da concerto. O lavoratori dei call center che fanno la guardia per eventuali disguidi sulle linee telefoniche, elettriche, idriche, eccetera. I giovani rider che, in bicicletta o in motorino portano il cibo dei ristoranti e delle trattorie nelle case degli italiani che si godono il meritato riposo domenicale. Gli addetti ai caselli autostradali. I lavoratori delle pompe di benzina e degli autogrill. I lavoratori che permettono le trasmissioni radiofoniche domenicali. Gli addetti alle informazioni turistiche. Le guardie penitenziarie. Il personale alberghiero. Più i lavoratori stagionali negli alberghi, negli stabilimenti balneari, nella raccolta di frutta e ortaggi: ma essendo stagionali, possono meritatamente godere delle domeniche fuori stagionale. Più i lavoratori di Amazon e di altri negozi su Internet che dovranno accogliere le richieste dei numerosi consumatori frustrati dalla chiusura dei negozi «fisici» e che compreranno a man bassa per via digitale ciò che non possono raggiungere per via materiale. Incremento delle vendite elettroniche: si chiama nemesi.

La spaccatura del mondo del lavoro in due fasce poteva essere evitata attraverso la ricerca di contratti meno asfissianti per i lavoratori dei centri commerciali e dei negozi: straordinari, condizioni di lavoro, turnazioni ragionevoli e così via, come si fa in tutti gli altri settori in cui il lavoro domenicale viene previsto. È prevalsa invece un’ideologizzazione dell’ostilità nei confronti dei centri commerciali, le nuove piazze degli italiani. Una saldatura tra motivazioni religiose, fobie anticonsumistiche, iper-rigidità sindacali, esaltazioni del «piccolo» contro la grande distribuzione (ricordate il linciaggio sui social di Gianni Morandi che si faceva fotografare con i sacchetti della spesa?) che impedisce ad altri lavoratori e lavoratrici di fare la domenica ciò che non possono fare gli altri giorni della settimana, senza minacciare la dignità di nessuno.

Troppo buon senso, meglio vietare.

Pierluigi Battista, Il Corriere dela Sera 10 settembre 2018

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