Von Hayek e la denazionalizzaizone della moneta

Von Hayek e la denazionalizzaizone della moneta

Abolizione del monopolio della moneta e libertà di emissione per istituti pubblici e privati: la pubblicazione  di un saggio di Von Hayek (Rubbettino) è occasione per il professore Flavio Felice di ripercorrere alcune delle proposte sulla moneta del grande economista austriaco

“Le monete nazionali non sono inevitabili o desiderabili”. È questo uno dei titoli più eloquenti di un paragrafo del volume dell’economista austriaco Friedrich August von Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974, da poco riedito per i tipi della Rubbettino, che esprime al massimo grado la posizione anti sovranista dell’Autore.

Sappiamo che l’economista austriaco giunge all’opera Denationalization of Money – 1976, passando per Monetary Nationalism and International Stability – 1937 e Choice in Currency – 1976. Da queste opere emerge un lavoro durato quarant’anni e teso alla ricerca delle condizioni di una “pace monetaria”, intesa come precondizione per il buon funzionamento del mercato, che per Hayek è uno straordinario strumento di conoscenza, di pace e di civilizzazione.

Hayek fa proprio il problema fondamentale che sta al cuore della teoria austriaca del ciclo economico: «La credenza che il denaro a buon mercato sia sempre desiderabile e vantaggioso rende inevitabile e irresistibile la pressione su qualsivoglia autorità politica monopolistica ritenuta capace di abbassare il costo del denaro attraverso l’emissione di una quantità superiore». In pratica, il denaro artificiosamente “a buon mercato” distorce lo stesso mercato del denaro e annulla la funzione di bussola svolta dal sistema dei prezzi. In breve, una grande illusione monetaria (vi veda la crisi del 2007/8) diffusa dalla falsa informazione che ci proviene dalla violenza operata dai governi sui mercati dei beni e dei servizi.

L’approccio teorico di riferimento adottato dall’Autore è quello microeconomico, giudicato più adatto a produrre tipi ideali conformi ad un ordinamento dinamico come il mercato, dal momento che fa i conti con la nostra ignoranza dei fatti rilevanti, rispetto all’approccio macroeconomico che invece tenta di superare simile inevitabile difficoltà, ricorrendo alle grandezze economiche intese come aggregati ovvero medie statisticamente disponibili, il che si rivela insoddisfacente e fuorviante, dal momento che descrive correlazioni empiricamente osservate, senza offrire ragioni per cui dovrebbero riscontrarsi nella generalità dei casi.

Di qui una proposta politica ed economica dirompente. Dal momento che la moneta è quel bene che la concorrenza non riesce a rendere meno costosa, poiché la sua attrattiva si basa sul mantenimento del suo potere d’acquisto, una volta che le persone avranno una possibile alternativa alla moneta di Stato, diventerà impossibile costringerle a detenere una “moneta a buon mercato”. Ecco, dunque, la proposta pratica: la “libertà di emissione” da parte di istituti pubblici e privati, la fine del monopolio monetario e la conseguente competizione tra banche di emissione, poiché sarà questo dispositivo a imporre alle banche concorrenti di offrire la moneta migliore, pena l’esclusione dal mercato.

Hayek, sebbene simpatizzasse per il processo d’integrazione europea, nutriva seri dubbi sulla possibilità che nascesse una valuta comune europea che rispondesse ai criteri di una società libera, sotto il governo delle legge e in cui i governanti fossero privati del potere discrezionale di manovrare la leva monetaria. Di qui la proposta di un sistema che impedisse la formazione del monopolio monetario, responsabile per il Nostro dell’andamento del ciclo economiche: l’assenza di concorrenza ha svincolato il monopolista dell’offerta di valuta dall’essere sottoposto alla salutare disciplina di mantenere stabile il valore della moneta e i bilanci in pareggio; in definitiva: «sin da quando ai ministri delle finanze è stato detto che operare in deficit è un atto meritorio e che, addirittura, se ci sono risorse non impiegate, la spesa pubblica addizionale non comporta costi per i cittadini, ogni effettivo ostacolo al rapido incremento della spesa pubblica è stato distrutto».

Possiamo affermare, con Lorenzo Infantino che ha firmato la presentazione del volume e ne ha curato la traduzione, che l’idea di sottrarre la moneta all’arbitrio dei governi è parte integrante della lunga marcia del liberalismo e un passo ulteriore verso una maggiore implementazione del “governo della legge” e, aggiungiamo noi, uno dei compiti fondamentali che si diedero i padri del processo di integrazione europea, all’apice dell’orrore sovranista.

In breve, l’affrancamento dal sovranismo monetario teorizzato da Hayek può trovare nell’Euro una sua possibile approssimazione, certo non del tutto soddisfacente. Tuttavia, come ci ricorda l’economista neo-austriaco Jesús Huerta de Soto, i campioni della libera impresa e del libero mercato e del governo della legge dovrebbero supportare l’Euro, dato che l’unica alternativa è il ritorno al nazionalismo monetario.

Falvio Felice, L’Avvenire 9 novembre 2018

Share