Post terremoto. Gli ostacoli alla ricostruzione

Post terremoto. Gli ostacoli alla ricostruzione

Siamo davvero in grado di costruire edifici sicuri? La risposta non è così scontata come gli eventi degli ultimi anni purtroppo dimostrano, a cominciare da quest’ultimo tragico terremoto. Eppure negli ultimi anni ci siamo entusiasmati per le città e le case intelligenti. Abbiamo giustamente ambito al futuro senza essere necessariamente preparati al presente. L’innovazione costante dei materiali, le tecniche di progettazione e costruzione sempre più sofisticate oltre all’esperienza millenaria hanno consentito di costruire opere straordinarie e di ridurre al minimo i rischi per la nostra sicurezza. Le agevolazioni fiscali e le assicurazioni antisismiche sono tra le tante proposte che circolano in questi giorni e che dovrebbero, se implementate dal Governo, incentivare la messa in sicurezza delle abitazioni che ancora non lo sono. Tutto questo non è sufficiente.

Le agevolazioni si applicano solamente a chi può permettersi di spendere, così come è stato per il risparmio energetico e le ristrutturazioni. Chi non ha le risorse non investe. Le tecniche e i materiali di costruzione valgono poco se non sono messi in pratica correttamente. Dovremmo chiedere all’ANCE e alle migliaia di imprese edili presenti sul territorio nazionale così come ai professionisti del settore edile, se davvero applicano a fondo tecniche e materiali. A fronte delle grandi imprese impegnate a livello globale nella costruzione di grandi opere, ci sono una moltitudine di imprese, solo poche delle quali hanno quel know-how. Quanti professionisti del settore affrontano il tema sicurezza con troppa leggerezza quando non con ignoranza? Costruire un edificio non è semplice, renderlo sicuro è ancora più difficile perché i fattori coinvolti sono molti. I cittadini non sono tenuti a conoscerli, si devono fidare delle certificazioni che ricevono. Paradossalmente un’auto o un’aspirapolvere nuova sono accompagnate da più specifiche tecniche di una casa. Il collaudatore è colui che certifica cioè che riconosce o meno la congruità alle norme antisismiche, ma valuta solo quel che vede e può verificare in corso o a fine opera. Egli giunge troppo spesso quando la costruzione è già ultimata. Il suo giudizio si ferma a pochi fattori. Le costruzioni sono come gli iceberg. Ne vediamo solo la punta. Prima del collaudo ci sono fasi molto importanti, l’indagine geologica, il calcolo delle strutture, la scelta e il controllo dei materiali, l’esecuzione e la direzione dei lavori. Ciascuna richiede un livello di professionalità molto alto, cioè sapere e competenze di cui non tutti sono provvisti.

La resa degli edifici dipende molto dalla qualità dei materiali, per esempio. Chi ci assicura che sono stati scelti quelli giusti o che nessuno ci ha speculato? Lo stesso vale per le tecniche. Ancora, quanti in cantiere controllano la zigrinatura dei ferri per conoscerne l’origine o la viscosità del calcestruzzo  con il cono di Abrams? Un buon geologo così come un architetto e un ingegnere tendono a sbagliare meno, scovando anche gli errori e le piccole furbizie delle cattive imprese. La buona impresa può aiutare il cattivo professionista a limitare gli errori. Ma insieme professionisti e imprese cattivi fanno il disastro. Il lavoro del costruttore o del muratore è stato poco considerato, perché per troppo tempo si è ritenuto che non necessitasse di competenze e conoscenze se non l’esperienza degli anni. Non può essere più così. Il muratore deve essere un operatore specializzato, un tecnico che si aggiorna di continuo e che innova, cosciente dell’importanza dei materiali che usa. Deve sapere collaborare con gli altri tecnici coinvolti. Gli italiani stanno nuovamente fornendo una prova di straordinario senso di solidarietà, ma faticano a dimostrare la medesima attenzione per la qualità del lavoro che svolgono. A volte è l’ignoranza, a volte l’eccessiva furbizia e l’ingordigia, a volte è semplicemente quella complicità amicale tra professionisti, imprese e acquirenti per cui tutto va bene e si possono chiudere gli occhi. Per la città intelligente ci vogliono tecnici e operai intelligenti e soprattutto responsabili.

Pietro Paganini, La Stampa del 3 settembre 2016

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