“Je suis Charlie”, quando lo Stato torna a farsi etico

“Je suis Charlie”, quando lo Stato torna a farsi etico

La cosa più impressionante è che l’Occidente, almeno nelle sue élite, sta perdendo gradualmente consapevolezza di sé. Senza accorgersene. Anzi, credendo di agire “correttamente” ed “eticamente”.

Ben scavato vecchia talpa, si potrebbe dire! Ove la talpa non è quella del marxismo classico (Marx dopo tutto era uno sviluppista e persino un occidentalista colonialista), ma quella di quel mix di mentalità positivistica e di postsessantottismo che, a partire appunto dai tempi della New Left, si è diffuso a macchia d’olio nei campus prima e negli altri luoghi di formazione delle élites anglosassoni e mondiali poi.

Essa è arrivata al momento giusto, quando la spinta propulsiva, diciamo così, del marxismo si è esaurita per l’implosione dei criminali regimi del cosiddetto “socialismo realizzato”. Essa ha vieppiú sostituito alla questione sociale, non più proponibile nei termini redistributivi del vecchio socialismo, la questione dei diritti, concepiti in modo astratto e illiberale.

Della vecchia, la nuova sinistra del “diritto di avere diritti”, per dirla con l’appena scomparso Stefano Rodotà, massimo teorico italiano di questa deriva, ha conservato un elemento fondamentale: l’adesione a una astratta ideologia del progresso che esige che la barra delle conquiste in fatto di diritti civili e sociali (e non solo politici come dovrebbe essere in ottica liberale) sia posta sempre più avanti.

I diritti, in questo caso, hanno cominciato, a partire da un certo tempo, a concernere sempre più le questioni della vita e della morte (ed è questa, caro Roberto Esposito, non l’arabe fenice di un fantomatico e inesistente neoliberismo trionfante, la vera “svolta biopolitica” dei nostri tempi).

Con la vicenda inglese di questi giorni, relativa al povero Charlie, il piccolo che sarà messo a morte direttamente dallo Stato, e persino previa una pronuncia della Corte Europea di Strasburgo, e contro il volere dei genitori (che vorrebbero sperimentare una nuova cura in America), credo che siamo arrivati a un punto di non ritorno.

La mentalità liberal, diversa da quella liberale, si converte direttamente, e senza mediazioni, in mentalità illiberale, e anzi totalitaria. E non esagero: dietro questa decisione, suffragata dalla legge, e concernente quei problemi “eticamente sensibili”, che esigerebbero semplicemente un “passo indietro” dell’autorità costituita, siamo in pieno Stato etico.

Lo Stato, autoproclamandosi portatore della verità e della moralità, e giuridicizzandola, non si limita nemmeno a suggerire, ma semplicemente impone, la sua visione. Un po’ come nella antica Sparta o nel regime nazista.

È veramente drammatico vedere che queste cose succedono nella patria del liberalismo, e con il beneplacito di politici ignoranti o interessati e di quella “vil razza dannata” (si è trovata sempre dalla parte sbagliata nella storia dell’umanità) che spesso (non sempre) è (ed è stata) la classe intellettuale.

E, venendo all’Italia, e a proposte simili che giacciono in Parlamento: altro che laicità e cavouriana seperazione fra Chiesa è Stato! Qui è sempre più lo Stato che, in una sorta di palinodia, finisce per farsi Chiesa.

Corrado Ocone, L’Intraprendente 30 giugno 2017

 

 

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