I tre motivi che spingono a non salvare la compagnia

I tre motivi che spingono a non salvare la compagnia

Alitalia è una società particolare. Le aviolinee richiamano sempre molta attenzione (basta vedere quel che è successo a United) ed in più Alitalia porta con sé l’essere stata ed essere ancora percepita come la nostra compagnia di bandiera, quella che rappresenta la nazione.

In più, la linea aerea simboleggia l’apertura del paese al mondo ed ha una storia societaria che ne fa un caso unico, costellata com’è di salvataggi che sono costati al contribuente italiano secondo i calcoli più completi ben 7,4 miliardi di euro, oltre ai maggiori oneri per i clienti dovuti ai privilegi monopolistici che sono stati concessi in passato.

In questi giorni siamo alle battute finali dell’ennesima crisi. Il piano di risanamento di Etihad non ha funzionato e le ragioni sono state sviscerate da molteplici analisi: qualche intoppo regolamentare (sotto-utilizzo di Linate); strategia sul breve-medio raggio insidiata da vettori low-cost e treni ultra veloci; tasso di occupazione degli aerei troppo basso; spese di manutenzione e di handling esorbitanti; costi del personale non particolarmente elevati rispetto ai competitor ma ancora eccessivi per chi dovrebbe essere sottoposto ad una severissima cura dimagrante.

Per evitare l’apertura di un procedimento della Commissione Europea per violazione della normativa sugli aiuti di Stato (benedetta Europa che ha imposto un po’ di concorrenza al nostro sistema economico), si stanno esaminando una serie di ipotesi subordinate tra cui la garanzia di Invitalia (prima si era ipotizzata CDP ma ha vincoli statutari che lo impediscono) ad un prestito di 200 milioni da parte di vari istituti di credito.

Da parte loro i sindacati chiedono l’intervento del governo, sebbene nessuno dimentichi i 7 anni di ammortizzatori sociali elargiti ai lavoratori in esubero quando nel 2008 intervennero i “capitani coraggiosi” che mantennero l’italianità della società.

Ebbene, seppur confortati dalla vigile presenza della Commissione Ue, è bene ricordare alcuni punti fermi.

Primo: durante la crisi (e oggigiorno) centinaia di migliaia di lavoratori hanno perso il posto di lavoro senza guarentigie speciali che sarebbe curioso (e pericoloso) riproporre per Alitalia.

Secondo: il paese non rischia di rimanere a piedi, grazie alla presenza dei concorrenti e perché anche una società sottoposta a procedura concorsuale può continuare ad operare (e alla fine essere comprata da un concorrente).

Terzo: iniettare capitali non da investitore ma da Buon Samaritano storicamente non ha salvato l’Alitalia che anzi ha continuato ad avere seri problemi di competitività.

Regoliamoci.

Alessandro De Nicola, La Repubblica 14 aprile 2017

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