Franco Chiarenza

Vecchi e nuovi media per la libertà di domani

Tra i suggerimenti presentati dalla Fondazione Einaudi all’Internazionale Liberale per la redazione del nuovo manifesto di Oxford, vi è quello di dare grande spazio ai problemi della comunicazione e dell’informazione.

Si tratta infatti di problemi che sono passati da una collocazione tutto sommato marginale (rispetto almeno ai grandi principi politici e istituzionali e ai problemi dell’economia) a una posizione centrale da cui non si potrà più prescindere.

La politica, l’economia, i diritti individuali e collettivi, le modificazioni sociali sono tutti influenzati dal circuito che si è venuto determinando tra l’informazione gestita dai mezzi di comunicazione e i meccanismi di aggregazione del consenso (non soltanto e non necessariamente elettorale). Questa situazione è destinata ad accentuarsi con la diffusione dei mezzi di comunicazione interattivi e con l’inevitabile interazione tra i diversi strumenti (telefono, cavo, satellite, radio, televisione, computer, internet). Come si pone il pensiero liberale a fronte di questi problemi che non sono nuovi in sé (essendo sempre stata la libertà di espressione un pilastro essenziale del liberalismo), ma che certamente si presentano oggi in modi assai diversi da ieri, fino al punto di preoccupare settori non trascurabili dell’opinione pubblica, anche di matrice e cultura liberale? Dire che gli strumenti sono neutrali e che tutto dipende dall’uso che se ne fa, è un’ovvietà incontrovertibile; bisogna fare un passo ulteriore, specificare le scelte, individuare i rischi che queste scelte comportano, garantire la coerenza dei comportamenti con i principi, e su tutto ciò sollecitare il confronto anche con chi, soprattutto su questi problemi, scopre le proprie origini culturali e politiche non liberali.

La presenza dello Stato nei mezzi di comunicazione può essere accettabile in un’ottica liberale ad alcune precise condizioni: che esso non operi alternando il confronto di mercato attraverso privilegi che ne distorcono le regole e che quindi si rivolga a un’utenza in grado di prescindere dall’apporto pubblicitario, operando scelte di contenuto non concorrenziali ma complementari.

Se il servizio pubblico, come avviene in Italia, ricava le sue risorse per oltre un terzo attingendo allo stesso mercato pubblicitario che deve alimentare tutto il resto della comunicazione (scritta ed elettronica), è chiaro che i risultati saranno opposti a quelli per cui esso giustifica la propria esistenza.

Ecco – in undici punti – la proposta della Fondazione Einaudi in materia di mezzi di comunicazione vecchi e nuovi come garanzia di libertà.

1) La grande e crescente importanza raggiunta dai sistemi di comunicazione rende ancora più attuale l’affermazione della libertà di informazione come condizione imprescindibile per l’esercizio della democrazia. I liberali si richiamano in proposito al primo emendamento della Costituzione americana del 1791, alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e, per la parte ancora attuale, all’appello di Roma dell’Internazionale liberale del 1981 punto 18).
2) L’ultima generazione dei mezzi di comunicazione elettronici rappresenta un cambiamento epocale rispetto ad ogni precedente evoluzione tecnologica, almeno dai tempi dell’invenzione della stampa. La caratteristica fondamentale che la distingue è rappresentata dall’interattività, cioè dalla possibilità per ciascuno di comunicare attraverso una rete aperta con una molteplicità di altri soggetti. Inoltre i nuovi mezzi di comunicazione interattivi sono per loro natura internazionali e le uniche barriere che possono limitarne l’utilizzo sono rappresentate dalle diversità linguistiche (anche se l’espansione sempre maggiore della lingua inglese ne fa prevedere l’ormai prossimo superamento).

3) Quando l’ulteriore progresso tecnologico avrà risolto alcuni problemi che non permettono ancora la diffusione universale delle tecnologie interattive (costi di esercizio, insufficienza della rete di comunicazione, ecc.), la grande maggioranza degli uomini disporrà di un formidabile strumento che potrà aumentare le loro possibilità di comunicare e di essere informati. Ciò potrebbe determinare nuove opportunità di operare le proprie scelte in modo consapevole e quindi di aumentare gli spazi di libertà.

4) I nuovi mezzi di comunicazione interattivi non elimineranno gli strumenti di informazione unidirezionali che oggi caratterizzano la vita quotidiana della parte più evoluta dell’umanità: giornali, riviste di carta stampata, radio e televisione generaliste e centralizzate (emesse cioè da un punto in direzione di utenti potenziali ad esso collegati attraverso l’acquisto o comunque la fruizione). L’esperienza storica dimostra che i vecchi mezzi possono facilmente coesistere coi nuovi, pur trasformando necessariamente la natura e le modalità dell’offerta.

5) La profonda influenza della televisione sulla formazione delle nuove generazioni e la sua capacità di orientare le scelte degli utenti hanno preoccupato pensatori, anche liberali, per il potere incontrollato che potrebbe derivarne ai suoi proprietari e a chi vi opera. I liberali restano convinti delle grandi opportunità che i mezzi di comunicazione vecchi e nuovi offrono all’estensione delle libertà individuali, ma si rendono anche conto del rischio che essi possano trasformarsi in strumenti di egemonie politiche o economiche incompatibili con un progetto di società aperta. I liberali sono anche consapevoli che esiste un problema di responsabilità nell’uso dei mezzi di comunicazione di massa che va oltre la commissione di reati penali. Pensare di risolvere la questione adottando forme più o meno dissimulate di censura oppure introducendo controlli deontologici di discutibile legittimità potrebbe rivelarsi un rimedio peggiore del male, perché rischia di compromettere il bene primario rappresentato dalla libertà di informare e di comunicare. Occorre invece incoraggiare l’adozione di strumenti di auto-disciplina e diffondere la cultura della responsabilità tra gli operatori dei mezzi di comunicazione (dirigenti, giornalisti, cameramen, programmisti, ecc.)

6) I liberali ritengono che si debba garantire una molteplicità e un’abbondanza di offerta informativa e di intrattenimento tale da non consentire al potere pubblico o a concentrazioni private di controllarne i contenuti. L’intervento degli Stati attraverso la gestione di servizi pubblici di comunicazione può essere compatibile con una visione liberale qualora venga concepito in funzione alternativa e di stimolo rispetto al rischio di condizionamenti commerciali (pubblicità) e per favorire la crescita culturale, senza in alcun modo trasformarsi in un mezzo a disposizione della maggioranza di governo o in uno strumento di alterazione della concorrenza.

7) Ai tradizionali canali radiofonici e televisivi generalisti si stanno affiancando offerte specializzate che utilizzano tecnologie digitali e satellitari; esse consentono anche nuove possibilità di espressione per le minoranze e grandi opportunità per la salvaguardia delle specificità culturali. Dalla combinazione dei diversi strumenti, vecchi e nuovi, e dalla loro evoluzione emergono conseguenze importanti che si riflettono sulla qualità della vita, sui modelli esistenziali, sulle stesse modalità lavorative.

8) La comunicazione diventa quindi centrale e strategica per interpretare correttamente le priorità del futuro e per questa ragione su di essa stanno concentrandosi l’attenzione dei gruppi dirigenti politici ed economici di tutto il mondo e investimenti sempre più massicci. I liberali comprendono le preoccupazioni emerse in molti paesi per i rischi di egemonia culturale, economica, e quindi politica che possono discendere dal primato americano nelle nuove tecnologie della comunicazione; essi tuttavia ribadiscono la propria avversione a misure protezionistiche che non abbiano carattere di transitorietà, convinti che gli interessi culturali ed economici delle nazioni si debbano difendere col confronto e con la competitività.

9) Aumentare l’offerta di informazioni, liberalizzare e pubblicizzare le comunicazioni interpersonali, semplificare la possibilità dialogica tra i soggetti, comporta anche dei rischi, soprattutto in relazione alla tutela dei minori. La commissione di reati attraverso mezzi elettronici può riguardare anche la violazione della tutela di informazioni personali e riservate (privacy). Non vi è dubbio che il problema sia serio e vada affrontato con strumenti adatti a colpire chi abusa a fini criminali dei nuovi mezzi di comunicazione (le cui caratteristiche di potenziale anonimia rendono difficile, ma non impossibile, l’identificazione dei responsabili). Ma non si può e non si deve, in una corretta visione liberale, trasformare questo problema in un pretesto per giustificare l’introduzione di strumenti censori o comunque limitativi generalizzati che colpirebbero il diritto imprescindibile della libertà di espressione; i reati vanno perseguiti in quanto tali, senza coartare le grandi possibilità offerte da questi nuovi e importanti strumenti di comunicazione.

10) Non bisogna dimenticare infatti che questi strumenti consentono a ciascuno di esercitare possibilità di scelta e di arricchimento culturale fino ad oggi in gran parte delegate per necessità a strutture esterne (scuola, televisione, ecc.). Ciò permette alla libertà degli individui di manifestarsi in modo completo e comunque di gran lunga superiore ad ogni esperienza del passato, realizzando possibilità di accesso e di scambio di informazioni e conoscenze fino a ieri difficili da perseguire e comunque riservate ad élites ristrette.

11) Anche il sistema di rappresentanza istituzionale, prodotto dalla cultura politica attraverso un’elaborazione di oltre due secoli e fondato sulla delega (irrevocabile tra un mandato e l’altro), verrà inevitabilmente investito dalla possibilità offerta dalle nuove tecnologie interattive di modificare tempi e modi della comunicazione politica e quindi della stessa verifica della volontà popolare. Ciò comporterà un cambiamento, forse anche radicale, del modo di essere e di operare dei tradizionali strumenti di aggregazione degli interessi e di mediazione politica (come partiti, sindacati, ecc.). I liberali hanno il dovere di vigilare in ogni luogo che queste nuove possibilità di accrescere le dimensioni di una partecipazione consapevole restino sempre aperte e non vengano utilizzate a fini di manipolazione del consenso.

La prospettiva aperta dalla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione rappresenta una speranza di libertà che i liberali non possono non auspicare. Come in ogni innovazione davvero radicale non mancano pericoli di degenerazione, ma bisogna fare attenzione a non confondere questi rischi con l’interesse, spesso dissimulato, di quanti temono con i cambiamenti di perdere il proprio “status” di sacerdoti del sapere. Tra tutti i rischi possibili, quello rappresentato dalle resistenze di corporazioni e gruppi che vedono in pericolo il loro potere basato sul monopolio della comunicazione, è certamente per i liberali il più grave.

 

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