Dati e detti fiscali

Dati e detti fiscali

Leggiamo i redditi degli italiani, relativi al 2016, mettiamoli a paragone con le cose che si dicono nell’agone politico, e comparirà, nella sua immensità, il vuoto di consapevolezza e la siderale distanza fra fatti e parole.

1) I redditi 2016 sono in crescita rispetto a quelli del 2015. Un fatto positivo. Ma che cambia segno quando si osserva che sono ancora inferiori a quelli dichiarati nel 2006. Siamo i soli, a parte la Grecia, a non avere ancora recuperato. Quello è il tempo e il denaro perduto, per l’Italia. L’abbiamo detto in tutti i possibili modi e questa è una ulteriore conferma. Se mi fermo alla prima parte dell’affermazione (crescita) dipingo il mondo di rosa, ma mi tirano la verdura, perché chi ascolta sa di essere ancora in perdita. Se mi limito alla seconda parte (siamo indietro) dipingo il cielo di nero e confondo cause con effetti, ostacolando l’uscita dal tunnel. Se tengo assieme le due cose sono parte dell’élite che pretende di dare valore ai dati e allo studio. M’acconcio così.

2) I redditi sono complessivamente bassi. Troppo bassi. A leggerli l’Italia è una potenza industriale popolata da poveri. La conclusione è: ancora incorporano una fetta rilevante di evasione ed elusione fiscale.

3) La metà dei contribuenti (non dei cittadini, ma dei contribuenti) dichiara un reddito inferiore ai 15.000 euro l’anno. Il 45% genera un gettito del 4%. Il 5% versa al fisco il 40% del totale. Questo eroico e munifico 5% sarebbero i “ricchi”, intendendosi per tali quelli che guadagnano più di 50.000 euro l’anno. Ora finiamola di prenderci per le chiappe e constatiamo che la borghesia del lavoro è spremuta fino all’osso e che la progressività della tassazione non solo è a livelli demoniaci, ma si accanisce contro pochissimi. Non parliamo poi di quelli che dichiarano 300.000 (che ancora non considererei “ricchi”), perché quotano lo 0.1% e alimentano un gettito del 3%.

4) Inutile aggiungere che i redditi più alti (si fa per dire, perché in Lombardia il reddito medio è di 24.750 euro) si trovano al nord e quelli più bassi al sud (Calabria reddito medio 14.950 euro).

5) Bene, ora prendete la campagna elettorale e applicatela a questa realtà: lo sgravio fiscale si fa al nord e il maggiore trasferimento va al sud. Siccome questo genera debito la lievitazione creerà nuovi pesi fiscali, che ricadranno sugli stessi prima sgravati. Quel che occorre, per gestire una roba di questo tipo, non è un buon ministro delle finanze, ma un nuovo Garibaldi, in modo da porre rimedio alla successiva rottura dell’unità nazionale.

Una soluzione c’è: tassare le castronerie che si dicono per imbonire il pubblico inferocito.

Davide Giacalone, 29 marzo 2018

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